sabato 13 settembre 2025

PITAGORA TRA GUERRA E PACE

 PITAGORA TRA GUERRA E PACE

 

            Si parla tanto delle guerre di Ucraina e Gaza, ma non emerge mai il pensiero di Pitagora sulla origine autentica di guerra e pace. Pitagora affermava:

La pace nasce dal rispetto della vita dell’animale. Se non uccidi l’animale,

mai ucciderai l’uomo. Se uccidi l’animale, ucciderai l’uomo.

Tutti riconoscono Pitagora come il maestro del vegetarismo, ma pochi forse sanno che la sua regola alimentare escludeva di mangiare ogni di animale di terra, mare o volatile, perché, secondo lui:

L’animale ha in sé lo spirito di vita come l’uomo, il quale deve rispettare e aiutare l’animale come un fratello minore.

Pitagora diventò vegetariano convinto all’età di diciotto anni, sotto la guida del suo maestro Talete di Mileto, quello del Teorema di Talete, che accolse nella sua scuola quel giovane di Samo che dimostrava doti intellettuali eccezionali.

             Si potrebbe dire che il principio di Pitagora sull’origine della guerra è simile al Terzo Principio della Dinamica, noto come Principio di azione e reazione di Newton, che dice:

A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Per Pitagora la violenza data dall’uomo all’animale si ritorce contro l’uomo stesso, che poi uccide altri uomini nella guerra.

             Vediamo ora se i fatti della storia confermano o smentiscono il pensiero pitagorico. La gente dice comunemente:

Le guerre ci sono sempre state e ci saranno sempre.

Oggi sappiamo che ciò non è vero. Un numero enorme di reperti archeologici, ricerche antropologiche e indagini condotte da scienziati di tutto il mondo, conferma che le ricerche iniziate dall’archeologa Marija Gimbutas (1921-1994) sono corrette. Lei portò le prove che nell’Antica Europa le società vissero in pace almeno per quattromila anni dall’8000 al 3500 a.C., si nutrivano di prodotti agricoli, le donne guidavano le comunità, non c’erano armi o fortificazioni, tutti erano liberi e la competizione era ignorata. Fu l’Età dell’Oro, finora ritenuta un mito creato dai poeti, mentre oggi sappiamo che quell’età è realmente esistita. 

             Quel mondo fu poi sconvolto dalle invasioni degli Indoeuropei, popoli euroasiatici partiti dal sud della Siberia, che sottomisero i popoli pacifici dell’Europa spingendosi fino all’India. Quei popoli si nutrivano essenzialmente di animali che catturavano nelle steppe, o che allevavano come pastori nomadi. Essi erano comandati da un capo guerriero che aveva schiavi e mogli che alla sua morte erano strangolati e sepolti con lui sotto grandi tumuli di terra chiamati kurgan. Essi avevano imparato a domare i cavalli selvaggi delle steppe e forgiato le prime armi in rame, che trovavano sotto forma di pepite lungo i fiumi. I racconti dei centauri, guerrieri metà uomini e metà cavallo e lo stesso cavallo di Troia, ci dicono che solo con cavallo e armi si vinceva la guerra. L’avanzata degli Indoeuropei non fu uguale dappertutto e si impose su gran parte dell’Europa, in Italia nord e centrale arrivando fino al Medio Oriente. La Calabria, però, fu risparmiata da quell’invasione grazie alle foreste impenetrabili della Sila, popolata da orsi e lupi. I discendenti greci degli Indoeuropei, dotati di armi e cavalli, costituirono la classe dominante della Grecia, e arrivarono in Calabria a bordo di navi già nella prima colonizzazione avvenuta intorno al 1700 a. C., dove, tra altre etnie greche si insediarono gli Enotri, produttori di vino.

             Lo storico Erodoto ci descrive con particolari agghiaccianti la facilità con cui gli Sciti, discendenti degli Indoeuropei che abitavano attorno al Mar Nero, si uccidevano anche tra membri del loro stesso gruppo. Scuoiare e impalare vivi, scannare i giovani offerti come vittime sacrificali, svuotare il teschio del nemico ucciso, farne una coppa per bere e altre spaventose atrocità sono contenute nel Libro IV delle Storie di Erodoto, di cui raccomando la lettura solo a chi è di stomaco forte.

 Il difficile cammino dell’umanità ad abbandonare i sacrifici umani praticati nel mondo antico, è testimoniato dal sacrificio di Ifigenia, figlia di Agamennone, il quale la porta all’altare per decapitarla e ottenere dalla Dea Artemide i venti per far navigare la flotta dei Greci contro Troia. Alla fine Ifigenia è sostituita da Artemide con una cerva che viene sacrificata al suo posto. Quel tentato sacrificio ha un parallelo nell’episodio biblico di Abramo che sta per sacrificare suo figlio Isacco, alla fine sostituito con un montone.

Nella Bibbia è riportato anche il primo omicidio, quello di Caino che uccide suo fratello Abele. Caino, agricoltore, offriva a Dio frutti della terra, ma Dio preferiva i sacrifici animali di Abele, pastore. Il primo a uccidere non fu dunque Caino, ma proprio Abele, poi imitato da Caino. Quella storia biblica conferma la dottrina pitagorica tanto che potremmo immaginare Pitagora affermare:

Come volevasi dimostrare: uccidi l’animale e ucciderai l’uomo.

Quell’episodio fu capito a fondo dal pitagorico Giordano Bruno, che affermava che gli animali hanno come noi umani sensazioni ed emozioni e concludeva alla maniera napoletana:

Ben fece Caino a uccidere quel massacrator di animali Abele.

 Quell’affermazione fu l’ultima delle quattordici imputazioni rivolte contro Bruno dalla Santa Inquisizione Romana, poi depennata dalla stessa Inquisizione che non ne aveva nemmeno capito l’importanza. Ma l’Inquisizione non era la sola a non capire, perché la Chiesa intera non capì né seguì il messaggio di Gesù, chiaramente riportato nel vangelo di Giovanni (10, 1-15), dove Gesù parla di sé come del Buon Pastore che non uccide, non vende e non mangia le sue pecore, ma vive in loro compagnia e le conduce al pascolo. Però, un pastore simile non esisteva nella realtà, perché il popolo ebraico viveva di pastorizia, vendendo e uccidendo agnelli, pecore e capre. La Chiesa ha dimenticato il rispetto della vita degli animali, restringendo il significato evangelico di pecore solo ai seguaci di Gesù. Difatti, Gesù stesso in Giovanni (21, 15-17) paragona i suoi credenti a pecore e agnelli quando dice a Pietro: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore. Gesù, però, non esclude l’animale, che rispetta al pari dell’uomo, e come Buon Pastore lo conduce al pascolo, non l’uccide e non lo mangia.  

             Questa contraddizione si risolve se consideriamo Gesù per quello che egli realmente fu: un superpitagorico, o se si vuole, un pitagorico che ha superato il maestro. Difatti, Pitagora praticava e predicava il vegetarismo, ma non lo imponeva, una moderazione che fu notata e apprezzata dai suoi contemporanei. Gesù. invece, fece un’azione inaudita e unica: da solo scacciò e liberò tutti gli animali destinati al sacrificio nel Tempio, firmando così la sua condanna a morte per opera dei sacerdoti, che non gli perdonarono il suo gesto di aperto disprezzo nei loro confronti.

Inoltre, Pitagora tollerava che ci fossero anche i pitagorizzanti, che mantenevano la proprietà privata, mentre i pitagorici dovevano mettere tutti i loro beni in comune. Gesù abolisce quella distinzione e va oltre, come afferma in Luca (14, 33):

Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

La FAO ha stimato che ogni anno vengono uccisi 56 miliardi di animali, pesci esclusi. Quel mare di sangue sta sommergendo l’umanità con guerre che si annunciano devastanti come mai prima d’ora. L’augurio di Cristo: Pace a voi, sembra destinato a non trovare attuazione.

Riuscirà l’umanità a superare questo aspro crinale della storia?

È quanto noi ci auguriamo e ci adoperiamo affinché l’umanità possa vivere felice e in pace, senza timore di gridare quel messaggio in questo mondo desertificato dalla violenza.

 

Salvatore Mongiardo, 13 settembre 2025

Nessun commento: