venerdì 12 giugno 2020

SUCCEDEVA IL 12 GIUGNO 1941



Dal mio libro Ritorno in Calabria

Io sono nato il dodici giugno del 1941, giovedì del Corpus Domini. Per quella festa tutto il paese era mobilitato per la raccolta di fiori sulle colline, nelle vallate e in ogni prato. La ginestra veniva spogliata dell’oro profumato dei suoi fiori. Un pesante tributo pagava anche il cisto in petali bianchi e viola, gli ultimi rimasti alle soglie ormai dell’estate. Con i fiori si componevano sulla strada disegni di croci, di santi, di cuori. Ogni quartiere del paese preparava un altarino sul quale il celebrante poneva l’ostensorio, lo incensava con il turibolo e benediceva il popolo. Una gran folla seguiva la processione aperta dagli stendardi delle confraternite con i confratelli vestiti di camice bianco e mozzetta di colore diverso: quelli dell’Immacolata, celeste; quelli del Rosario, nera; quelli del Santissimo Sacramento e quelli di Sant’Andrea con uguale mozzetta rossa. Dopo venivano le orfanelle, bimbe allevate dalle Suore Riparatrici. Avevano sulle spalle, come angeli, ali di cartone e tra le mani un canestro pieno di fiori variopinti che spargevano per le vie del paese. Io nacqui mentre la processione avanzava: le due campane dei Padri Liguorini avevano appena smesso di suonare e cominciava la campana della chiesa di Sant’Andrea con la sua voce in do diesis, aristocratica e solitaria. La processione si fermò davanti a casa mia, ai piedi della cappella del Calvario. Mia nonna materna Caterina si affacciò sul ballatoio per annunciarlo:
– È nato, è maschio! –
Mio padre capitolò sul nome da darmi. Lui non voleva chiamarmi Salvatore perché suo padre e suo fratello, che portavano quel nome, erano morti entrambi giovani. Ma di fronte a una coincidenza così pubblica e solenne, non poté resistere alle preghiere di sua madre, mia nonna Marianna, che lo rassicurava:
– Non morirà giovane, non morirà. Lo dico io al Signore. Lui mi ascolterà e salverà questo innocente –
Allora mio padre volle aggiungere Terzo al mio primo nome, in ricordo del padre e del fratello. Dovette faticare non poco con il burbero ufficiale d’anagrafe che andava ripetendo:
– Terzo è il re, Vittorio Emanuele, e voi non siete né nobili né regnanti –

Salvatore Mongiardo