martedì 2 agosto 2011

LA QUERCIA DI MATASSI


LA QUERCIA DI MATASSI

Matassi è chiamata la montagna di Sant’Andrea che scende verso Isca e si scorge chiaramente dalla marina. Il nome Matassi viene dal greco Metà-Assi, al di là dell’Assi, il fiume che sbocca a Monasterace.

I fatti che sto per raccontare avvenivano nell’anno del Signore 1833. Il barone Pier Nicola Scoppa, nonno della baronessa Enrichetta, aveva finito di abbellire la grangia certosina di Sant’Andrea, da lui acquistata in seguito alla confisca dei beni ecclesiastici, operata nel 1806 dal regime napoleonico nel Regno di Napoli. Era l’ultimo rilevante acquisto degli Scoppa, che già prima si erano ingranditi enormemente sul litorale ionico. Infatti, con astuzia avevano acquisito in trentatré comuni i possedimenti che il re Ferdinando di Borbone aveva confiscato alla Chiesa, per finanziare la ricostruzione della Calabria dopo il grande terremoto del 1783.
Il barone Pier Nicola trasformò la grangia in lussuoso palazzo baronale, con colonnato, divani in oro zecchino, quadri e un’argenteria così favolosa che il liguorino Padre Cesarano più volte la menziona nelle lettere ai suoi superiori.

Ma se il barone Pier Nicola pensava di averla fatta franca, si sbagliava. Lui era dottore in utroque jure, aveva acquistato i possedimenti con atti pubblici ineccepibili, ma sempre roba della Chiesa era! E impossessarsi di beni della Chiesa portava male. Il barone Pier Nicola forse sorrideva per quelle credenze superstiziose. Nella famiglia aveva due vescovi, quello di Roccella e quello di Ostuni. Ma non gli bastò a proteggerlo.

La prima disgrazia si abbatté su Pier Nicola nel 1822, quando suo fratello Francesco Antonio Scoppa gli mise incinta la figlia Diana, proprio nel palazzo di Sant’Andrea! Ne nacque una vicenda straziante che vide coinvolti baroni e baronesse, Papa e Re di Napoli, notai e tribunali. Una storia complessa e dolorosa che non può essere narrata ora.

La seconda batosta arrivò appunto nel 1833, quando banditi armati assalirono il palazzo di Pier Nicola, il quale si salvò dal sequestro di persona nascondendosi dietro una porta. E lì stette trattenendo il respiro, mentre i banditi razziavano quello che potevano. Pier Nicola fece un voto alla Madonna perché lo salvasse dalle mani dei banditi. La Madonna lo esaudì e lui fece cesellare in argento la porticina del tabernacolo nella chiesa del Protettore Sant’Andrea. Lui vi è rappresentato dietro una porta con l’abito a due code, il tàit, mentre i banditi con schioppo e baionetta lo cercano e dall’alto la Vergine stende la mano a fermare i banditi (vedi foto in fondo a pagina 3).

Chi erano quei banditi? Erano disperati coraggiosi, che rischiavano la vita pur di non sottostare alle feroci regole feudali che asservivano le popolazioni alla nobiltà. Ma quella volta avevano osato troppo, e la reazione non si fece attendere. Le truppe borboniche mossero dai vari distaccamenti e chiusero i banditi nella montagna di Matassi, dove alcuni furono catturati. Prima però di cadere nelle mani dei soldati, i banditi fecero in tempo a nascondere il bottino nel cavo di una quercia così maestosa che si scorgeva addirittura dalla chiesa di Campo. 

I banditi furono condannati alla galera a vita e spediti in un carcere lontano. L’ultimo dei sopravvissuti, sapendo che mai sarebbe uscito per impadronirsi del bottino, confidò il fatto a un altro galeotto, non condannato a vita, con il quale aveva fatto amicizia, gli narrò i fatti e gli descrisse la quercia e la particolarità che si vedeva da Campo.

Quando quel galeotto fu rimesso in libertà, si recò a Sant’Andrea e cercò la chiesa di Campo. Era forestiero, nessuno l’aveva mai visto prima, e parlava con un accento sconosciuto. Diceva che doveva sciogliere un voto alla Madonna Assunta, ma destava sospetto che un forestiero conoscesse quella chiesa di campagna. Finse di pregare, o forse pregò ardentemente la Madonna di fargli trovare il bottino per campare. Ma la Madonna Assunta, alla quale gli Scoppa tenevano accesa la lampada a olio perpetua, non ascoltò la supplica del poveraccio. L’Assunta aveva culto antichissimo nella Marina di Sant’Andrea, nella chiesa rurale di Campo di proprietà degli Scoppa.


Il galeotto guardava da Campo verso la montagna, ma la quercia dove era? Era tutta una selva, e poi erano passati tanti anni… Si decise allora di chiedere informazioni a un pastore che pascolava le pecore nel greto del fiume Saluro, a pochi passi dalla Chiesa. Il pastore conosceva benissimo la quercia, ma si chiese perché mai un forestiero la cercasse. E gli rispose in modo convincente:
-Voi cercate quella quercia grande che si vede dalla marina? Non è a Matassi, ma ad Assi, verso Monasterace. Andate, tutti la conoscono e sapranno indicarvela!
Il forestiero partì, il pastore chiamò i fratelli e andarono alla quercia di Matassi. Smossero il terriccio, trovarono il tesoro e con quello costruirono in paese delle case.

Ora la quercia di Matassi non c’è più, il palazzo Scoppa è abitato da tre suore indiane che si prendono cura di pochi bambini, la Madonna Assunta è stata sloggiata dalla chiesa di Campo da un’indagine archeologica che l’ha resa inagibile e ha stabilito che inizialmente era una fattoria magnogreca del terzo secolo avanti Cristo. In seguito diventò chiesa cristiana vicina a un accampamento romano. Campo sta per accampamento militare, probabilmente una postazione lungo la via che andava da Taranto a Reggio. Quella prima chiesa fu dedicata al legionario San Martino, finché con la conquista bizantina non fu dedicata alla Dormizione della Madonna, dai cattolici poi intesa come Assunta in cielo…

Gli episodi dei banditi e della quercia, da me inseriti in una cornice storica più ampia, mi furono narrati da mio nonno materno Bruno, l’uomo più buono e onesto della terra, che mi indicava anche le case costruite in paese con il ricavato del bottino.

Vi auguro Buon Ferragosto 2011, festa della Madonna Assunta, ancora onorata davanti alla chiesa di Campo.   
                                      
                                                                               Salvatore Mongiardo


Porta del tabernacolo nella chiesa del Protettore Sant’Andrea Apostolo
in Sant’Andrea Ionio, Catanzaro, Italia.