martedì 25 ottobre 2011

DA MOSCA A CROTONE


Per il Simposio Internisti Magna Grecia
Crotone 6-8 ottobre 2011

Sulla Piazza Rossa del Cremlino le sferzate di acqua e vento facevano presagire la prima neve. La grande stella rossa, posta da Stalin in cima alla torre, sfidava il cielo plumbeo. Quella stella mi fece ricordare il luogo dove era nata, Crotone, e il nome che Pitagora, suo scopritore, le aveva dato: Igea, la salute. Il filosofo forse vedeva una stabilità salutare in quella stella che si poteva costruire senza calcoli, col solo compasso. Unendo i vertici di un pentagono regolare iscritto dentro un cerchio, nasceva una stella che al centro riproduceva sempre un altro pentagono regolare. Quell’elaborazione pitagorica, nata come ideale, era diventata simbolo del terrore staliniano, e poi emblema delle Brigate Rosse. Riflettevo su quella maligna metamorfosi mentre visitavamo la Cattedrale di Cristo Salvatore, di fronte al Cremlino, che Stalin aveva fatto abbattere e che era stata ricostruita identica alla prima. Dentro la chiesa i fedeli baciavano le icone, le candele ardevano a centinaia ed echeggiavano i cori di potenti voci slave.

La stella a cinque punte mi ricordò anche il congresso medico al quale mi aveva invitato a parlare il Professor Franco Perticone della Facoltà di Medicina dell’Università Magna Grecia di Catanzaro. E difatti la sera del 7 ottobre lasciai la Santa Madre Russia per Crotone.
La mattina seguente parlai ai medici internisti e mi soffermai sul modo di vivere pitagorico, non tanto sull’astensione dal mangiare carne e pesce, che era la regola fondamentale, ma sull’importanza che per Pitagora aveva la vita in comune, essenziale per ben vivere e ben morire.  La vita in comune permetteva di seguire gli insegnamenti del filosofo ed eliminava la solitudine, problematica allora come ai nostri giorni. Anche i beni dovevano essere in comune, e bisognava consegnare i beni individuali a un economo che provvedeva alla loro amministrazione. La comunità era provvista di tutto in modo sobrio ma non povero, e perseguiva con lo studio, le pratiche di culto e l’osservazione delle stelle, l’unione dei viventi a Dio in un legame di amicizia cosmica. I pitagorici si occupavano dei loro membri, curandoli e aiutandoli fino alla fine della loro vita, e ne celebravano degni funerali. Pitagora raccomandava di andare incontro alla morte con animo sereno pregando gli dei come quando si doveva attraversare l’Adriatico selvaggio. Così era chiamato, e lo fu fino al Medioevo, lo Ionio sul quale sorge Crotone. Il buon morire era il corollario del buon vivere, per il quale era essenziale coltivare un profondo rispetto per tutti i membri della comunità: perciò era esclusa qualunque forma di competizione che comportasse una vittoria, la quale sporcava l’uomo perché lo separava dagli altri e lo rendeva soggetto di invidia. Per non parlare poi del sesso che era strettamente limitato dentro il matrimonio. Insomma, un mondo che era in tutto e per tutto l’opposto del nostro mondo.

Quei precetti di vita pitagorici furono ripresi da Gesù, conosciuto da tutti ma non come pitagorico. La discendenza culturale di Gesù dal pitagorismo rappresenta la più grande scoperta della mia vita, e le minuziose ricerche che ho condotto non lasciano dubbi in merito. Il tutto sarà esposto nel libro che sto scrivendo Cristo è arrivato a Crotone, titolo che rimanda alla formazione culturale di Cristo avvenuta in buona parte attraverso la dottrina pitagorica. L’anello di congiunzione tra Pitagora e Cristo furono gli Esseni, dei quali scrive testualmente lo storico Giuseppe Flavio:
…si tratta di un gruppo che segue un genere di vita che ai greci fu insegnato da Pitagora (Antichità Giudaiche XV, 371).

Che Gesù sia stato in qualche misura esseno è ormai dottrina comune. Lo stesso Papa Benedetto XVI nel suo bel libro Gesù di Nazaret (Dal Battesimo alla Trasfigurazione, pagg. 98 e 104) scrive che i poveri di spirito (dei quali è il regno dei cieli) era il modo di chiamarsi degli Esseni. Gesù parla del regno dei cieli, o regno di Dio, come di uno stato di equilibrio interiore, una serenità che solleva sopra i flutti tempestosi della vita: il regno di Dio è dentro di voi! Ma Gesù non rimase fermo alla dottrina esseno-pitagorica, andò molto oltre allargando al mondo intero le comunità pitagoriche, chiuse ed elitarie. E soprattutto spezzò il ciclo pitagorico delle reincarnazioni, la metempsicosi, con il tempo lineare che va dalla terra al paradiso e la vita in comune anche dopo la morte: se muori e credi in me vivrai con me per tutta l’eternità. Per la prima volta la morte viene affrontata in compagnia.

La domanda che posi ai medici internisti era: se seguiamo quegli insegnamenti e pratichiamo una condotta di vita con beni in comune ed esclusione di ogni competizione, si genera o no nell’individuo un equilibrio ormonale tale che scompaiono le grandi angosce del vivere? Cioè: i precetti filosofici di Pitagora, e quelli religiosi di Cristo, hanno un valore scientifico e medico dimostrabile? Oggi si possono misurare agevolmente i livelli ormonali che si creano in certe condizioni di vita, e abbiamo attrezzature scientifiche e abilità nel condurre i test: si potrebbe accertare se i precetti pitagorico-cristiani siano indispensabili o meno a produrre il mix ideale di ormoni che porta a ben vivere e ben morire?

Nella crisi mondiale ed europea delle finanze sono accomunate Grecia e Magna Grecia, cioè il Sud Italia, come la parte più debole del sistema monetario dell’euro. La sostanziale identità di Grecia e Meridione mi porta a concludere che noi meridionali siamo estranei culturalmente al sistema feudale, inventato dagli anglosassoni e impiantato nel Sud dai Normanni. Quel sistema feudale non è finito, anzi si è rafforzato con le borse, le banche, la finanza che sono la forma più raffinata e anonima del feudalesimo. La Magna Grecia non ha né mai avrà la vocazione alla finanza e alla produzione: i nostri geni ci portano infallibilmente a una visione alta dell’umano destino verso il quale convergono storia, etica, filosofia e religione.
I medici, che sono una classe rispettata e stimata, dovrebbero prendere le redini della politica volando alto per ristabilire, con l’evidenza della ricerca scientifica, un equilibrio di vita ormai smarrito, ma che a Crotone era stato chiaramente enunciato e praticato. Oggi la medicina dovrebbe occuparsi anche delle malattie dell’anima, quelle angosce del vivere che dilagano tra miliardi di individui.
La crisi attuale mette in evidenza le gigantesche risorse culturali che la Storia, quella con la esse maiuscola, ha accumulato nella Magna Grecia. Al confronto i giacimenti petroliferi e minerari sono poca cosa, perché non sono in grado di dare quell’autentico benessere che si costruisce con l’equilibrio e la condotta di vita. 
Intorno al 440 avanti Cristo, con l’attivo interessamento di Pericle da Atene, fu riaperta a Crotone la scuola pitagorica, dopo la cacciata di Pitagora e dei suoi seguaci avvenuta intorno al 500 a. C. Scrive difatti Giamblico nella Vita Pitagorica (35, 264):
Dopo molti anni… i Crotoniati furono presi da sentimenti di pietà e di pentimento e decisero di far tornare in patria i pitagorici superstiti. Fecero venire degli ambasciatori dall’Acaia, tramite i loro buoni uffici si riconciliarono con gli esuli e consacrarono a Delfi i patti giurati. I pitagorici che fecero rientro erano ben una sessantina, vecchi a parte. Tra questi ultimi, alcuni si erano dati alla medicina e curavano i malati con un opportuno regime alimentare: furono costoro a guidare il ritorno.

Quel ritorno a Crotone, guidato dai medici pitagorici, invita oggi gli Internisti della Magna Grecia a spaziare verso orizzonti luminosi. A me il cuore dice che il solco tracciato da Pitagora, e portato da Cristo fino ai confini del mondo, ci condurrà verso traguardi di civiltà finora impensabili: le Chiavi del Regno si trovano in Calabria.

                                                                                             
                                                                                                          Salvatore Mongiardo