giovedì 23 giugno 2011

Le martelline


Le martelline

L’ingegner Domenico Cosentino mi manda da Roma la lettera che trascrivo. La sua mente corre sempre al paese con ricordi carichi di contenuti e forme quasi mitologiche. Sembra che la sua mente, come la nostra, trovi pace solo in quell’eterno ritorno, come se l’anima volesse accostarsi a una tavola morale, il solo posto dove trova il pane che la sazia.
Questo incessante vagare della mente verso il nostro paese, visto come approdo sicuro e definitivo, mi richiama la bella figura di Lamanno, un personaggio che merita una pagina tutta per sé. Trasferito in vecchiaia a casa del figlio a Roma, Lamanno andava nelle periferie della capitale a chiedere: Sapiti ncunu viiùalu pe’ Sant’Andria… Conoscete qualche viottolo che porti a Sant’Andrea?

Ovviamente mastro Vincenzino era mio padre: lo scrivo per chi non è andreolese. Il caro Domenico non menziona, ma tutti ricordiamo suo fratello Nicola che, munito di occhialoni contro le schegge di granito, stava seduto sulle macine del loro mulino a lavorarle con grande precisione. Ogni fine settimana occorreva una diecina di martelline, che un discepolo di mio padre portava al mulino.

Questo che segue è il testo di Domenico.

“La martellina è un martello di acciaio, con tagliente da ambo le parti, usato dagli antichi sfarinatoi di grano, i mugnai, che trasformavano il grano in farina per la produzione di pane casereccio, come era tutto il pane sino a cinquanta anni fa, prodotto in casa da ogni famiglia di paese o città.
La trasformazione del grano in farina avveniva alimentando la superficie di due macine rotonde, una fissa e l’altra rotante, con il grano che cadeva dalla bocca della tramoggia. La qualità della farina, grossa o fina, dipendeva dalle superfici delle due macine che si usuravano, e ogni settimana dovevano essere ravvivate a mano con le martelline.
Le martelline erano sagomate e temperate dal fabbro, che è stato sempre a Sant’Andrea, Vincenzino Mongiardo. E’ stato lui, mastro Vincenzino, il vero artefice del taglio delle martelline alle quali dava tempra e rinvenimento adatti a scalpellare finemente il granito.
Da lui soprattutto è dipesa l’affluenza dei consumatori locali, non solo andreolesi, che per trenta anni si sono nutriti con il grano sfarinato dalle macine. A suo merito, bisogna dire che mastro Vincenzino non aveva seguito i corsi severi di Tecnologie Speciali del Prof. Oberziner di Roma!”

18 maggio 2011                                
                                                                               Salvatore Mongiardo

domenica 19 giugno 2011

Invito in Calabria al Presidente Lula



Presidente Lula,

Lei ha annullato la sua visita a Roma temendo disordini per avere favorito la permanenza di Cesare Battisti in Brasile. Ora io desidero invitarla al mio paese, a Sant’Andrea Ionio, in Calabria. Si domanderà dove si trova e perché quest’invito. Il mio paese è lo stesso di un ragazzo dagli occhi sorridenti, si chiamava Andrea Campagna, che emigrò a Milano con la famiglia e diventò poliziotto.

Una mattina del 1979 vidi Andrea sulla prima pagina dei giornali ucciso da Cesare Battisti che, già con il solo nome, disonora la memoria di quel Cesare Battisti eroe dell’indipendenza italiana.

Nel 2009 a Sant’Andrea incontrai Antonietta, la madre di Andrea. Fu più forte di me, e mi misi a parlare di Andrea, della sua uccisione, di come lei lo venne a sapere… Antonietta parlò con estrema lucidità di quel giorno terribile, e concluse:
“Dicono che bisogna perdonare, ma io potrei dirlo solo con le labbra, ma con il cuore no, mai!”, e alzò ripetutamente la testa per sottolineare il diniego.

Quando vado al cimitero del paese, vedo la tomba di Andrea e penso che il mondo va male perché governato dalla feccia della terra, i politici, i quali producono armi, guerre, affamano i miseri e lasciano morire i bambini. O proteggono i delinquenti. E sogno il giorno che gli abitanti della terra insorgeranno per fare piazza pulita di tutti i politici: un mondo così, prima finisce meglio è.

Presidente Lula, quando verrà a Sant’Andrea nessuno le dirà nulla o le torcerà un capello. L’accompagnerò io alla tomba di Andrea e poi a casa di sua madre, che alzerà la testa in senso di diniego: Perdonare, mai!

Ho poche speranze che lei abbia il coraggio di affrontare la madre di una vittima. Dica però al suo protetto Battisti di Antonietta Campagna! Auguro a quel vigliacco che se la veda ogni giorno davanti mentre alza la testa per negargli il perdono.

19 giugno 2011                                                               

                                                                                     Salvatore Mongiardo