mercoledì 25 luglio 2012

Detti famosi di Cola


Detti famosi di Cola d’a Fattura


Al secolo si chiamava Nicola Betrò, ma in paese era conosciuto come Cola d’a Fattura, nato all’incirca nel 1860 e morto nel 1941. Era il bisnonno di Alfredo Varano e nonno, quindi, di sua madre Annina. Li ringrazio entrambi per avermi fornito le informazioni che mi hanno permesso di ricostruire i suoi detti che vengono ricordati ancora oggi.

Cola era alto e magro, aveva occhi azzurrissimi e capelli sul biondo pettinati a mascagna. Ebbe sei figli, alcuni emigrati in America i quali, durante la crisi degli anni Trenta, gli mandavano 110 lire al mese. Appena riceveva la somma, Cola correva a comprare pane che regalava ai poveri. Un suo figlio, che si chiamava Nicola come lui, sposò Emilia Mattei, l’ultima discendente della nobile famiglia del letterato barone Saverio Mattei. Emilia emigrò col marito a Brooklyn, dove visse e morì.

Cola faceva il duro lavoro della maggior parte degli andreolesi, cioè zappava la terra. Ma affondare la zappa sotto il sole nella terra dura non era per lui. Così un giorno decise di smettere, lasciò la campagna della Pirarella e se ne tornò a casa. Entrò nel basso, appese la zappa al chiodo e prese commiato dall’arnese con queste parole: Dalle pietre ti guardo io, dalla ruggine guardati tu! De’ pìatri ti guardu io, d’a rùggia guardati tu!

Dovette poi dare spiegazioni di quella decisione e raccontò che, mentre stava zappando, un bombaco si mise a girare attorno e gli ronzava: Cola, vattene, questo non è lavoro per te! Cola, vattìnda, chissu ’on è mistìari u tua!

Si diede allora al commercio dell’olio e accompagnava i grossisti che lo compravano nei paesi dove lui conosceva i migliori produttori. Avvenne così che una volta si ritrovò a Satriano e si fece notte. Cola si mise in cammino per Sant’Andrea e, passando vicino a una campagna, vide delle luci che si spostavano. Erano contadini che zappavano, facevano i terribili maggesi di luglio per preparare la terra alle prime piogge, e lavoravano di notte con le lanterne per evitare il solleone. Allergico com’era alla zappa, Cola esclamò: Signore, ti ringrazio perché non sono nato a Satriano! Signuri, ti ringràzziu ca ’on nescìvi a Satriànu!

Una volta andò a Catanzaro in treno e volle fare bella figura con i viaggiatori che leggevano il giornale. Se ne procurò uno e cominciò a sfogliarlo, ma lo teneva alla rovescia perché era analfabeta. Un viaggiatore glielo fece notare e lui rispose prontamente: Chi sa leggere alla rovescia, sa leggere anche dritto! Cui sapa u lèja ara storta, sapa puru ar’a derìtta!

Un giorno stava tornando verso casa e, mentre scendeva per Piazza Castello, chiese ad un carabiniere che saliva: Scusate, ma io vado o vengo? Scusati, ma io vàju o vìagnu? Il carabiniere si sentì provocato e lo portò in caserma.

A Cola piaceva scherzare e un giorno chiese a una signora alta e prosperosa: Se ti do dieci lire, vieni a coricarti con me? Si ti dugnu dìaci liri, vìani ’u ti curchi cu mia? La donna rispose: Svergognato, a me dici queste porcherie? Sbirgognatu, a mia dici ’si porcherìi?
Subito Cola cambiò la proposta: Allora dai tu cinque lire a me e vengo io a coricarmi con te! Allora tu duni cincu liri a mia e vìagnu io u mi curcu cu tia!

Luglio 2012                                                                   
                                                                                                          Salvatore Mongiardo 

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