lunedì 9 giugno 2014

FILOCRAZIA: un dono a Papa Francesco

La FILOCRAZIA: un dono a Papa Francesco per la sua visita in Calabria il 21 giugno 2014
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Caro Papa Francesco,
Poco più di un anno fa, il 13 marzo del 2013, mi trovavo in Piazza San Pietro con le prime copie del mio libro Cristo ritorna da Crotone che l’Editore Gangemi mi aveva consegnato. Appena eletto, sei apparso al balcone e mi venne l’idea di scriverTi una esortazione a visitare la Calabria. Ora quel desiderio si compie e, secondo una tradizione calabrese, voglio fartTi trovare un dono al tuo arrivo: un nuovo modello di governo dei popoli che chiamerò FILOCRAZIA.
Questo termine è un nuovo conio, composto dalle due parole greche: filìa + krateia = amicizia + governo. Come Tu ben sai, filocrazia significa governo dell’amicizia.
Da dove è venuta questa idea? Perché la proponiamo come regime universale? Perché Te ne facciamo dono in occasione della tua visita in Calabria?
Intorno al 2000 avanti Cristo, tra il golfo di Squillace e quello di Lamezia, vivevano gli Enotri, un popolo che re Italo convertì dall’allevamento degli animali all’agricoltura, soprattutto alla coltivazione del grano, e che chiamò Itali: così nacque l’Italia. Quel popolo era costituito da gente libera ed uguale, che celebrava il sissizio, il convivio comunitario, dove tutti portavano il cibo che dividevano. Gli Itali vivevano in grande spirito di amicizia tra di loro, e questo modo di vita impressionò un bambino che il padre aveva portato a Crotone dalla Grecia durante un viaggio di lavoro. Quel bambino, crescendo, imparò tutto lo scibile umano, visitò molte nazioni, ma, da uomo maturo, tornò a quella terra che aveva vista da piccolo. Il suo nome era Pitagora. Quando egli aprì a Crotone la sua scuola, pose a fondamento di tutti i rapporti umani la filìa, l’amicizia. Così Giamblico, autore della Vita Pitagorica, riassume la dottrina pitagorica sull’amicizia:
Amicizia degli dei verso gli uomini; degli uomini l’uno per l’altro, fra i cittadini, gli stranieri; dell’uomo per la moglie, i figli, i fratelli, i parenti; amicizia, insomma, di tutti per tutti, persino verso certi animali, grazie a un sentimento di giustizia e di naturale unione e solidarietà, amicizia del corpo mortale con se stesso, pacificazione e conciliazione delle contrastanti forze latenti in esso… (cap. 229). L’amicizia è uguaglianza… (162). Ma, ancora più degno di ammirazione, è quanto i Pitagorici affermavano circa la comunione dei beni divini… Sovente si rivolgevano l’un l’altro l’esortazione a non distruggere l’elemento divino che è in noi stessi. Così, tutta la sollecitudine per l’amicizia che essi avevano nell’agire e nel parlare mirava in un certo senso a fondersi e a divenire tutt’uno con la divinità, a entrare in comunione con la mente e con l’anima divina… (240). Diventare amici dei propri nemici (40).

Pitagora fece proprio il rito del sissizio e lo celebrava, dopo cena, con il pane e il vino che simboleggiavano la giustizia sociale attuata:

dello stesso pane un pezzo a tutti, dello stesso vino un sorso a tutti.

Quel rito si diffuse in tutto il Mediterraneo e arrivò anche al mondo ebraico e agli Esseni. Questi lo trasmisero a Gesù, che lo trasformò nella Divina Eucaristia, aggiungendo al valore di giustizia sociale la più grande promessa di tutti i tempi: chi mangia il suo corpo nel pane e beve il suo sangue nel vino avrà la vita eterna.
Più ancora di Pitagora, Gesù predicò l’amicizia come massimo comandamento:
Amerai il prossimo tuo come te stesso (Matteo 22, 39). … Amate i vostri nemici (Matteo 26, 50). …Voi siete miei amici…; vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Giovanni 15, 14).
Ma è pensabile un mondo governato dall’amicizia? La storia non dimostra forse che sulla terra domina la violenza? La filocrazia non è forse un altro sogno, una nuova utopia che nasce dalla Calabria, conosciuta proprio come terra di utopie? Basti pensare alla Città del sole di Campanella: idee nobili ma incapaci di modificare la realtà. Però, un altro grande della Calabria, Gioacchino da Fiore, invita a scrutare il sogno che giace in fondo al nostro cuore:
Pulisci gli occhi dalla polvere terrena, … segui l’angelo sul monte e vedrai i disegni profondi nascosti dall’inizio del tempo.
Quello che oggi appare irrealizzabile, un giorno si realizzerà. Icaro sognò di volare e morì nel tentativo fatto con ali di penne animali: eppure oggi voliamo da un continente all’altro e fino alla luna. Certo, la storia è dominata dalla violenza e dalla morte, però un giorno la terra sarà pacificata e la morte sarà vinta: è il sogno dei sogni che coincide con la promessa di Gesù.
Oggi Tu visiti la Calabria, la quale per più di duemila anni ha subito una decadenza che ancora oggi appare inarrestabile e incomprensibile. Forse i lutti, le rovine e le spoliazioni di questa terra erano necessari per scoprire il tesoro della filocrazia dentro le sue viscere. In fondo all’animo calabrese è ancora viva la cultura del dono gratuito: all’amico si dona senza chiedere nulla in cambio, all’amico si dona solo perché può averne bisogno o piacere. La nostra mente e il nostro cuore rifiutano l’affanno di un mondo costruito sulla produttività, sulla finanza e sul consumo: in noi è impressa la visione di una vita che scorra serena tra amici, in comunione di vita e di beni, così come furono le comunità pitagoriche e quelle dei primi cristiani. Se c’è interesse, non c’è amicizia.
Tutti i popoli della terra vivono respirando gratuitamente l’ossigeno prodotto dalle grandi foreste, specie dall’Amazzonia. Perché allora non dovrebbero tutti beneficiare gratuitamente delle enormi cifre accumulate nei cosiddetti paradisi fiscali? Perché si continuano a produrre armi nei paesi ricchi? A queste domande si può rispondere dicendo che il mondo non cambierà mai. Ma si può anche rispondere col modello della filocrazia, ora che, grazie ai viaggi e alla tecnologia, il mondo ha preso coscienza del comune destino.
La Calabria nel primo millennio ha dato alla Chiesa di Roma dieci papi, nel secondo millennio nessuno: è il prezzo che ha pagato alla perdita della lingua e della cultura greca, la sua identità primigenia, e all’instaurazione del feudalesimo portato dai Normanni. La Calabria, terra di liberi e uguali, dove già nel sesto secolo avanti Cristo era nata, a Locri, la libertà degli schiavi, fu ridotta nel tempo alla servitù della gleba. Allora in Calabria, che con Pitagora era diventata la Magna Grecia, successe quanto aveva previsto Platone: se togli uguaglianza e libertà, prevarranno criminalità e degrado.
Caro Papa Francesco, Ti scriviamo queste cose non per inutili rivendicazioni o polemiche, ma solo per sottolineare come la proposta filocratica nasce dalla sofferenza di una gente gravemente ferita, che possiede però enormi energie morali, capaci di dare al mondo una nuova civiltà. La Calabria, madre dell’Italia e culla della Divina Eucaristia, terra dei sempre sognanti, sempre speranti, sempre credenti che il bene vincerà, auspica l’amicizia come pietra angolare del governo dei popoli.
Grazie, caro Papa Francesco, della tua visita e della tua attenzione.

                                                                                               Salvatore Mongiardo

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