IL PROBLEMA IRRISOLTO DEGLI EBREI
Faccio seguito all’invito dell’amico Prof. Vincenzo Villella di scrivere di più sugli Ebrei, dopo l’interesse suscitato da quanto avevo scritto recentemente sul suo magnifico libro Ebrei di Calabria. In quel commento, che riporto integralmente nella prima parte di questo, avevo citato l’episodio che mi aveva portato a scoprire l’origine del cedro calabrese, che alcuni Ebrei raccolgono ancora oggi per la festa di Sukot o delle Capanne, la quale si celebra a fine estate. Era il 2010 e abitavo a Milano, quando lessi del cedro calabrese, di cui prima ignoravo l’esistenza. Per approfondire la materia mi recai alla Sinagoga centrale di Milano in Via della Guastalla. Mi ricevette il rabbino dr. Elia Richetti, poi deceduto, il quale ammise di non saperne nulla: tanto bastò per farmi ritenere la notizia del cedro calabrese un’invenzione giornalistica. Poco tempo dopo, però, il dr. Richetti mi telefonò, dicendomi che il cedro calabrese era una tradizione degli Ebrei Loubavitch, e mi diede il telefono di un rabbino, Michail Elmalèh, il quale mi fissò un appuntamento in un loro centro di Piazza Castello.
            Da tempo mi ero posto il problema di come l’Italia era
vista e conosciuta nel mondo ebraico prima di Cristo. Quel mio interesse era nato
dall’aver letto nello storico ebreo Giuseppe Flavio che gli Esseni seguivano la dottrina insegnata ai greci da Pitagora, il
quale tenne scuola a Crotone. In seguito, l’affermazione di Benedetto XVI che
Gesù seguiva la dottrina essena, opinione ormai condivisa da tutti gli
studiosi, ha aumentato la mia curiosità sull’argomento. Il cedro della Calabria
è tenuto in grande considerazione dagli Ebrei della corrente Loubavitch, nome di
una città russa, dove nel Millesettecento nacque il grande Movimento
Chassidico, attualmente seguito da circa un milione di Ebrei, quelli che
portano barba, cappello nero e camicia bianca, e hanno il loro centro più
importante a Brooklyn, N.Y.
In
italiano la parola cedro indica sia il
frutto, che dà un frutto più grande e meno aspro del limone, sia l’albero
maestoso delle conifere, come il cedro del Libano. Ovviamente qui parlo del
cedro frutto.
Il giovane rabbino Elmalèh mi fornì le notizie sul cedro calabrese che si trovano nel secondo volume del TANYA, opera filosofica del gran rabbino Schneur Zalman di Liadi (1745-1812), e prima ancora nel commento alla Bibbia di Rabbi Shlomo Yitzhaqi (1040-1105), uno dei più famosi commentatori medievali, che visse in Francia intorno al Millecento. Continuò poi la spiegazione così.
La Genesi narra che Isacco sposò Rebecca ed ebbe due gemelli, Esaù e Giacobbe. Esaù era il primogenito, ma la benedizione paterna fu data al secondo figlio Giacobbe con un inganno ordito dalla loro madre Rebecca. Isacco scoprì l’inganno e, per riparare il torto, fece a Esaù una grande promessa:
Nel
grasso della terra sarà il tuo luogo di residenza.
Il grasso della terra fertile
che produceva l’olio di oliva era l’Italia della Grecia, come veniva
chiamata dagli Ebrei quella che poi fu la Magna Grecia, cioè la Calabria. 
La tradizione, ripresa dal rabbino chassidico Y.Y. Schneerson (1880-1950), vuole che quando Mosè intorno al 1200 a.C. era nel deserto con il popolo fuggito dall’Egitto, dove era stato tenuto in schiavitù per circa quattro cento anni, ricevette da Dio l’ordine di celebrare la festa delle Capanne o Sukot. Per quella festa era indispensabile il frutto del cedro, che Mosè non poteva trovare nel deserto, e allora mandò dei messaggeri su una nuvola a prenderlo in Calabria, dove almeno negli ultimi 250 anni gli Ebrei Loubavitch l’hanno cercato e cercano ancora a Santa Maria del Cedro e a Marcellina, due comuni sul Tirreno in provincia di Cosenza.
Nella
festa delle Capanne si usano per la benedizione:
- il frutto del cedro che ha gusto e profumo
- la palma da dattero che ha gusto ma non profumo
- il mirto che non ha gusto ma ha profumo 
- il salice che non ha né gusto né profumo.
Gli Ebrei definiscono il cedro calabrese haddar, splendido, perché le radici dell’albero vanno in orizzontale e, con il caldo, l’albero poteva morire. Il limone, invece, ha radici che vanno in profondità, per cui era facile la tentazione di innestare il cedro su un limone. Ma allora si perdeva la purezza originaria e il frutto non era più kosher, adatto, come invece si era mantenuto quello calabrese.
Il Midrash, il commento rabbinico della Bibbia redatto da più autori tra il primo e il quinto secolo dopo Cristo, mette in luce gli insegnamenti giuridici e morali, utilizzando diversi generi letterari come racconti, parabole e leggende. Nel Midrash il frutto proibito dell’Eden non era la mela - la Bibbia in realtà non menziona nessun tipo di frutto - ma proprio il cedro. Quest’unicità del cedro, che simboleggiava il cuore umano, era confermata dal fatto che esso è l’unico albero che ha lo stesso gusto nel legno della pianta e nel frutto. In ebraico, poi, Italià significa rugiada, quindi non solo terra grassa, ma anche irrorata di rugiada: un sogno per gente che vagava nel deserto.
Il mio interesse aumentò dopo aver letto nei due libri di Villella: Giudecche di Calabria, 2014, ed Ebrei di Calabria, 2024, quanto scrisse nel 1848 l’abate Vincenzo D’Avino. L’abate napoletano scriveva che San Girolamo (347-420), pessimo di carattere ma preciso nella scrittura, afferma che attorno a Capo Bruzzano, sulla costa jonica in provincia di Reggio Calabria, si trovava un notevole insediamento di Ebrei, lì arrivati molto prima dei coloni greci, coloni greci che in seguito avrebbero civilizzato quegli Ebrei. Ho dato la caccia alla lettera di San Girolamo, che ne scrisse ben 143, per leggere il testo originale, ma finora senza successo. Anzi, invito chi sapesse di tutte le lettere del santo, di segnalarmele.
Tutto ciò mi porta a concludere che la grandissima stima che gli Ebrei avevano della Magna Grecia proveniva dall’etica, quell’etica italica scoperta da Pitagora in Calabria e diffusa in tutto il Mediterraneo, Ebrei inclusi.
La dottrina di Pitagora affermava:
Se uccidi l’animale, ucciderai l’uomo.
La pace nasce dal rispetto della vita
dell’animale.
Secondo
Pitagora l’uccisione dell’animale non poteva essere giustificata dal bisogno di
cibo o dalle intenzioni umane, anche se gli Ebrei erano pastori che campavano
scannando pecore e agnelli: è quella la loro vita. Tuttavia, l’uccisione
dell’agnello innocente creava sensi di colpa che gli Ebrei cercarono di
superare, attribuendola alla volontà di Dio che prediligeva quel sacrificio
cruento. Immaginarono così un Dio padre padrone duro e implacabile. Tutto ciò fu
confermato senza equivoci dal superpitagorico Gesù, che parlò di sé stesso come
del Buon Pastore, che non mangia e non vende le sue pecore, ma vive in loro
compagnia e le conduce al pascolo. Gesù rinnegò quindi la cultura pastorale
degli Ebrei ed è un superpitagorico, perché non si limitò alle parabole o
all’esortazione di Pitagora a non uccidere gli animali. Egli, difatti, unico in
tutta la storia di Israele, cacciò e liberò gli animali destinati al sacrificio
nel Tempio di Gerusalemme, anche se si rendeva conto che avrebbe pagato quel
gesto inaudito con la vita. 
La dottrina pitagorica era seguita dagli Esseni in Israele e dai Terapeuti: quest’ultimi Ebrei pitagorici vivevano attorno ad Alessandria d’Egitto, che probabilmente Gesù frequentò dalla sua infanzia fino al rientro in Israele. I membri di quelle due comunità erano avverse ai sacrifici di sangue, contestavano il Tempio, erano rigidamente vegetariani e indossavano per la loro cena tuniche di lino bianco all’uso pitagorico.
Questo mio scritto ricade sotto la mia personale responsabilità: non intendo coinvolgere il Prof Villella e nemmeno la Nuova Scuola Pitagorica, di cui sono lo Scolarca, anche se queste mie riflessioni sono nate dalle mie ricerche sul pitagorismo.
In realtà il problema ebraico mi aveva sconvolto già nel 1966, quando in Germania studiavo diritto internazionale comparato, ma dedicavo del tempo a documentarmi sui crimini nazisti. Poi, la prima visita fatta al lager di Dachau mi aveva impressionato al punto che non dormii per tre notti, anche se quel lager era meno crudele degli altri, se così si può dire. Durante la mia visita in Terra Santa nel 1999, guidata dal Cardinal Martini, svenni quando vidi le lucette nel monumento all’olocausto Yad Vashem che si spegnevano per ricordare il milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nei lager. Io ho avuto e ho ancora ottimi amici Ebrei, e scrivo queste cose per svegliare gli Ebrei dall’incubo sanguinario che li ha accompagnati lungo tutta la loro tragica storia.
Per comprendere come il problema ebraico sia nato, bisogna leggere la Bibbia, che il mio amico Mimmo Lanciano ha correttamente definito un bollettino di guerra: una guerra spietata, guidata inizialmente da Mosè in persona. Ecco alcuni esempi riportati dalla Bibbia del gran numero di stragi perpetrate dagli Ebrei contro i popoli che volevano sottomettere occupando i loro territori:
1. Esodo, 17:13 – Il bastone di Dio, retto dalle mani di Mosè sulla vetta del colle, permise a Giosuè di sterminare Amalek e la sua gente passandoli a fil di spada.
2.
Esodo, 32:27 – Alla vista del vitello d’oro, Dio comandò ai figli di Levi: Ognuno
di voi si metta la spada al fianco; percorrete l’accampamento da una porta
all’altra di esso, e uccidete a chi suo fratello, a chi il suo amico, a chi il
suo vicino. In quel giorno caddero circa tremila uomini e Dio ne fu
compiaciuto.
3.
Numeri, 21:3 – Il Signore affidò i Cananei ad Israele, che votò allo sterminio
i Cananei e le loro città.
4.
Numeri, 21:35 – Con l’approvazione di Dio, gli Israeliti si recarono nella
città di Og, ne uccisero il re Basan senza risparmiare i figli, sterminarono
l’esercito e assunsero il controllo del territorio.
5.
Numeri, 31:17-18 – Dio ordinò a Mosè di uccidere ogni maschio madianita e ogni
donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo, ma tutte le fanciulle che non
avevano avuto rapporti sessuali con uomini, furono lasciate vivere per loro.
6.
Deuteronomio, 2:33-34 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente
gli uomini, le donne ed i bambini di Sicon. Non lasciarono nessuno in vita.
7.
Deuteronomio, 3:6 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono
completamente gli uomini, le donne ed i bambini e Og, re di Basan.
Saccheggiarono il bestiame ed i possedimenti.
8.
Giosuè, 6:21-27 – Sotto la direzione di Dio, Giosuè distrusse l’intera città di
Gerico e con la spada furono uccisi uomini, donne, vecchi e bambini, perfino i
buoi e gli asini. Tenne l’argento, l’oro, il bronzo ed il ferro per Dio e,
infine, diede fuoco alla città.
9.
Giosuè, 10:10-27 – Dio aiutò Giosuè nel massacro dei Gabaoniti.
10.
Giosuè, 10:28 – Con l’approvazione di Dio, Giosuè passò la città di Machedda ed
il suo re a fil di spada. Li votò allo sterminio con tutte le persone che vi si
trovavano.
11.
Giosuè, 10:32-33 – Dio diede la sua approvazione affinché Giosuè uccidesse con
la spada ogni uomo, donna e bambino della città di Lachis.
12.
Giosuè, 10:36-37 – Dio lasciò che Giosuè uccidesse il re di Ebron ed il suo
villaggio con ogni suo abitante. Non lasciò sfuggire nessuno, esattamente come
aveva fatto a Eglon, e votò allo sterminio tutte le persone che vi si
trovavano.
13.
Giudici, 1:4 – Il Signore mise nelle mani di Giuda i Cananei e i Perizziti.
Diecimila vittime.
14.
Giudici, 15:15 – Sansone uccise mille uomini con una mascella d’asino ancora
fresca.
15.
Giudici, 16:27-30 – Dio concesse a Sansone la forza per buttare giù le colonne
della casa a Gaza ed uccidere tremila Filistei, nome dal quale deriva quello di
Palestina.
16.
Giudici, 18:27 – Giunti a Lais, un popolo che se ne stava tranquillo e senza
timori, gli Ebrei lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.
Mi fermo per decenza, ma la Bibbia elenca altri popoli sterminati dagli Ebrei che praticarono la pulizia etnica in modo sistematico.
Torniamo ora al 1966, quando tornai dalla Germania in paese, Sant’Andrea Jonio, e il vecchio prete Don Salvatore Bressi, mi mandò a dire che dovevo assolutamente andare a trovarlo, perché doveva chiedermi una cosa troppo importante. Riporto qui esattamente quanto scrissi al capitolo 20 del mio primo libro Ritorno in Calabria, 1994.
Disse
Don Salvatore: 
–
Ho voluto vederti per chiederti una cosa. Tu ora abiti in Germania e dovresti
saperla.
Dentro
di me pensavo: sapere cosa? Se i pastori protestanti si sposano? Come celebrano
le loro funzioni?
–
Volevo sapere se veramente esistono quei posti dove i tedeschi hanno fatto
quelle brutte cose agli ebrei… 
–
I lager nazisti, intervenni io. Sì, certo che esistono, li ho visitati.
Don
Salvatore impallidì e con un filo di voce disse:
–
Allora non è propaganda! Vergine Santissima! Ma come è stato possibile? Ho
letto che erano milioni e milioni di giovani, vecchi, madri, bambini, e sulle
pareti delle camere a gas c’erano le unghiate della disperazione... No, non
dirmi nulla, non voglio sapere più nulla!
Don
Salvatore si tolse gli occhiali, prese dalla tasca un fazzoletto e si asciugò
gli occhi. Poi, per riprendersi e darsi un contegno, si soffiò rumorosamente il
naso e disse:
–
Proprio non capisco! Dicono che gli ebrei sono la razza più intelligente del
mondo, eppure si fanno cacciare e ammazzare dappertutto. Dove sta allora la
loro intelligenza? Era meglio se avessero dimenticato tutto, anche la Bibbia!
Quello che noi chiamiamo libro della salvezza, è stato la loro condanna a
morte. Nella Bibbia sta scritto che Dio vuole sacrifici e gli ebrei si sono
lasciati sacrificare dai tedeschi credendo che fosse un segno della
predilezione divina! 
Venti anni dopo, nel 2014, una domenica passavo da Piazza San Pietro e Papa Francesco, alla finestra per l’Angelus, mostrava una copia della Bibbia, invitando i fedeli a leggerla. Molte copie venivano offerte ai presenti e io ne ebbi una. Sulla copertina c’è l’immagine del papa, che vi aveva scritto:
È importante leggere la Parola di Dio: è
Gesù che ci parla lì! E accoglierla con cuore aperto. Allora il buon seme porta
frutto!
Quel
papa, una gran brava persona, aveva certamente letto la Bibbia, ma non aveva
capito la nascita e l’avanzare della violenza nel mondo. Per poter capire
questo meccanismo infernale bisogna esaminare la storia con la mente di
Pitagora, del superpitagorico Gesù, di don Salvatore e la mia, tutti partecipi
di una visione italica e pitagorica dell’etica. 
La storia del lager nazista di Ferramonti, in provincia di Cosenza, conferma questa mia affermazione. In quel lager nazista furono portati circa 1300 ebrei e altri 200 dissidenti, e la gestione fu affidata a carabinieri calabresi. Nessun ebreo fu maltrattato, essi potevano uscire e cercare lavoro nelle campagne, se nascevano bambini da coppie giovani, che chiedevano il battesimo per proteggere la prole, il comandante faceva da padrino e offriva il pranzo a casa sua. Nel campo furono permesse due sinagoghe e, anche dopo il 1943, quando la Calabria fu liberata dai tedeschi, molti vi rimasero volontariamente fino alla fine del conflitto. I carabinieri presero dei grossi rischi con i nazisti, che erano arrivati per una ispezione, e furono allontanati con una pestilenza messa in scena.
La Chiesa cristiana porta il nome di Cristo, ma dovrebbe essere chiamata biblica, perché San Paolo ha cambiato la dottrina di Gesù, basandola sul sacrificio salvifico di Gesù: una questione ben nota tra gli specialisti del Nuovo Testamento. San Paolo non lo ha fatto per malafede, ma perché egli si era formato sulla Bibbia nei quindici anni passati alla scuola di Rabbi Gamaliele a Gerusalemme.
Di conseguenza egli scrisse
nella sua Epistola ai Filippesi (2,6-11):
Cristo per noi si è fatto obbediente sino alla morte, e alla morte in croce. Per questo Dio lo ha innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome.
La dottrina biblica, che Gesù voleva ribaltare, ha dominato tutte le chiese cristiane, e così la violenza del mondo, da turpe e ripugnante, è diventata sacra e necessaria alla salvezza. Secondo la Bibbia, difatti, il figlio innocente doveva morire per cancellare il peccato di Adamo: era arrivata all’assurdo che un Dio padre lascia morire il figlio innocente per salvare i colpevoli!
Quel
grave malinteso fu compreso dal grande poeta tedesco Reiner Maria Rilke
(1875-1926), il quale scrisse che i cristiani, invece di vedere la croce di
Cristo come un segnale di pericolo, hanno piantato le tende e si sono accampati
ai suoi piedi.  
Quando
Papa Benedetto XVI visitò il lager di Auschwitz, si chiese accorato: Ma Dio dove era? Quel Dio che lascia
morire il figlio sulla croce era dove è ancora oggi, nella testa di gran parte degli
Israeliani, i quali massacrano i bambini palestinesi che cercano il pane in
mezzo a una popolazione destinata a morire di fame: una vicenda che il mondo,
incapace di reagire per viltà, pagherà a caro prezzo. Quelle scene agghiaccianti
furono descritte molto prima dal profeta Geremia nella Bibbia alla sua Quarta
Lamentazione:
La lingua del lattante si è attaccata
al
palato per la sete;
i
bambini chiedevano il pane
e
non c'era chi lo spezzasse loro.
Siamo un’umanità destinata allo sterminio, rinchiusa in un’Auschwitz iniziata migliaia di anni fa dagli Ebrei, i quali sterminavano le genti che vivevano nei territori che essi volevano conquistare. Una Auschwitz, poi, subita dagli Ebrei per opera dei nazisti e ora praticata da Israele a Gaza contro i Palestinesi. Con la fame e l’uccisione dei bambini che cercano pane, il governo israeliano ha azzerato l’umana pietà che il mondo provava per l’olocausto di milioni di Ebrei.
Le mie parole sono purtroppo confermare dai fatti, e le scrivo per aiutare tutte le vittime e tutti i carnefici, anche loro vittime di una voglia irrefrenabile di sterminio e di morte. Chi ci libererà dalla competizione e dalla violenza che stanno sommergendo il mondo? Avevo pensato a un’Accademia Mondiale Antiviolenza e un Osservatorio Etico, ma oggi mi sembrano strumenti inadeguati per fermare sia gli scontri armati che quelli finanziari. Perciò mi sono convinto che possa liberarci solo una seconda venuta di Cristo, quello storicamente reale, che compì molte azioni in aperta contraddizione con i precetti della Bibbia. Difatti Gesù:
1. Non sempre osservava il
sabato.
2. Frequentava lebbrosi,
prostitute ed esattori delle imposte, che la Bibbia proibiva. 
3. Criticava apertamente i
sacerdoti del Tempio, chiamandoli sepolcri imbiancati, ipocriti che mettevano
addosso alle persone pesi che essi stessi non sopportavano. 
4. Prendeva donne al suo
seguito.
5. Celebrava la Pasqua un
giorno prima di quella del Tempio, come è scritto nel vangelo di Giovanni,
l’unico dei quattro evangelisti presente all’Ultima Cena. 
6. Gesù seguiva il rito
pasquale degli Esseni e dei Terapeuti, ambedue osservanti dei precetti
vegetariani pitagorici. Inoltre, rifiutavano qualunque forma di denaro e
contestavano i sacrifici di sangue nel Tempio di Gerusalemme.  
7. Si proclamò ripetutamente
figlio di Dio, una bestemmia grave che la Bibbia puniva con la morte.
8. Predicava e praticava la
dottrina dell’amore verso tutti, la filìa
di Pitagora. 
È una materia che la Chiesa ha paura di ammettere, perché rinnegherebbe tutta la sua teologia, la seconda croce costruita con la dottrina biblica, alla quale Cristo è ancora inchiodato. Essa ha favorito la violenza del mondo, mentre invece Gesù augurava: Pace a voi. Sarebbe sbagliato giudicare queste mie affermazioni come un attacco alle Chiese cristiane. Io tendo invece una mano alle Chiese per tirarle fuori dal grande imbroglio che le ha paralizzate nel fermare la violenza umana.
Per tutti questi motivi io seguo l’esortazione di Einstein, che diceva:
Se qualcuno crede di aver scoperto qualcosa di nuovo,
ha il dovere morale di dirlo. Io penso
che questa mia scoperta sia avvenuta perché è nell’ordine delle cose: se questo
è vero, le cose possono ancora radicalmente cambiare. Questa speranza è come
aria fresca di cui l’umanità ha bisogno per non soffocare disperata.  
Sono molti gli Ebrei residenti in Israele e altrove che disapprovano il governo israeliano, che in maniera abominevole cerca con le armi e la fame la distruzione della Palestina, come l’antico ebreo Sansone, il quale proprio a Gaza fece crollare la casa dicendo: Muoia Sansone e tutti i Filistei!
Salvatore Mongiardo
31 luglio 2025
mongiardosalvatore@gmail.com
 
 
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