mercoledì 12 novembre 2025

PENSIERI D'AMORE

                                                 PENSIERI D’AMORE

                di Salvatore Mongiardo

              novembre 2025

 

All’universo nato dal mistero                           

Alle galassie immense e ai buchi neri

Al sole e all’infinito firmamento

Alla terra ai monti e al mare  

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

All’orso bianco che vaga nel freddo

Cercando una preda per nutrirsi

Alla foca azzannata dall’orso 

Che tinge il ghiaccio con il suo sangue 

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Al serpente che morde velenoso

Al tonno che saltella sulle onde

Alla rana che gracida nel lago

All’aquila che vola silenziosa

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Al maestoso elefante che cade

Colpito da vigliacco cacciatore

Al bue trascinato al macello

Che muggisce morendo scannato

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai bimbi morti di malnutrizione

Tra le braccia di madri disperate

Ai soldati di tutte le guerre

Uccisi da bombe frecce e spade  

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Alle spose che attesero invano 

Il ritorno dell’amato caduto

Alle donne oppresse e maltrattate

Ed a quelle arse vive nei roghi 

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Agli ebrei che graffian le pareti

Soffocando nelle camere a gas

A Hitler che impugna la pistola

E uccide Eva Braun e sé stesso

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

A Gesù Cristo morto sulla croce 

Sotto gli occhi straziati di sua madre

A Giuda scellerato traditore

Che pende giù dall’albero impiccato

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai finanzieri affaristi e banchieri

Che succhiano il sangue ai poveretti

Agli umili che gemono in miseria

Cercando di calmare fame e sete

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

A chi non ce la fa e prende droga

E distrugge sé stesso e la famiglia

Ai criminali e bande fuorilegge 

Che si ammazzano in lotta tra di loro

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai bambini ed ai martiri islamici

Che per la loro causa vanno a morte

Alle bambine nate e soffocate

Solamente perché son femminucce

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai governanti corrotti e incapaci

Che portano i popoli al disastro

Alle genti che piangono soffrendo

Per guerre malattie rivalità

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

A chi soffre in completa solitudine 

A chi è malato in casa o in ospedale

A chi gemendo aspetta la sua fine 

Lasciando i propri cari costernati

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

A chi sente l’angoscia che l’assale

E deve fare uso di calmanti

A chi dispera per il suo domani

E passa i giorni nella frustrazione

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai politici falsi e inconcludenti 

Agli imbroglioni di tutte le razze

Ai ladri faccendieri e malviventi

Ed ai bambini soldati dell’Africa 

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai fabbricanti di armi mortali 

Ed ai custodi degli arsenali 

A chi sogna la fine di ogni guerra

Sperando che finisca la violenza

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ed a tutte le donne della storia

Che han subito ogni umiliazione

Percosse stupri aborti disonore 

Schiavitù servitù prostituzione 

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ai maschi che han sempre comandato

E sono ormai incapaci a governare

Ai migranti dei barconi affondati

Che il mare accoglie come fresca bara

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

A chi spera con rinnovato ardore

Che per l’umanità arrivi il giorno

Di fratellanza e gioia universale

Serenità bontà ed allegria

Noi mandiamo pensieri d’amore.

 

Ed alla Donna vestita di sole 

Coronata di stelle perché calmi

L’interna lotta del cuore del maschio

E venga in terra l’Era della Donna

Noi mandiamo pensieri d’amore.

sabato 1 novembre 2025

ALBA SUL MARE

  

ALBA SUL MARE


Rossa la lampada del cielo

Si accende sopra il mare

E la luce trionfa sulle tenebre.

 

Ma poi la notte vincerà col buio

Finché il nuovo giorno spunterà.

 

Allora il Sole carezzerà il mio viso

Dicendomi: Non devi disperare,

Da tempo immemorabile risplendo!

 

E anche tu risplenderai immortale

Nel giorno che non ha alba né sera,

Stella lucente dell’Invisibil Fuoco

Ch'anima e regge l'Universo intero.  

 

Salvatore Mongiardo

Novembre 2025

mercoledì 15 ottobre 2025

AMORE E MARE

 Amore e mare

 

Un agguato di stelle

Prepara la sera

Con falce di luna

Scagliata nel cielo.

Solitaria si abbuia la scogliera

Sopra la mansuetudine d’argento.

 

La tua vacua follia

Ha svenato il nostro amore:

Afflizione senza rancore

Increspa la mia anima,

Insabbia la mia voglia.

 

È vicina l’estate:

Ignaro mi consola

Un canto di usignolo

Compagno nella notte.

 

Salvatore Mongiardo, Ottobre 2025

sabato 11 ottobre 2025

CALABRIA PRIMA ITALIA

https://drive.google.com/file/d/1oU9UGFuvcoHNFg24RGQBRCIhrYIA11Ev/view?usp=sharing

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mercoledì 8 ottobre 2025

L’ETICA UNIVERSALE - UNIVERSAL ETHICS

L’ETICA UNIVERSALE - UNIVERSAL ETHICS 

https://drive.google.com/file/d/14xYV5usVt3HZ75bPMC9CR9t43E01v92I/view?usp=sharing


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lunedì 22 settembre 2025

16 SETTEMBRE 2025

16 Settembre 2025

 

Con il filosofo prof Salvatore Mongiardo[1] da tempo ci sentivamo in merito  alla stesura del libro “CIVILTÀ ITALICA E DELLA MAGNA GRECIA” che stava scrivendo con il medico scienziato prof Giuseppe Nisticò[2].

Ci scambiavamo idee e suggerimenti sulla matematica pitagorica, ma soprattutto sul pentalogo[3] pitagorico, ossia i cinque principi etici della Comunità Pitagorica, e caldeggiava una mia riflessione dal punto di vista matematico per dare agli stessi validità universale.

E così fu.

Decisi di dare al pentalogo fondamenta matematiche e cominciai a scrivere ripercorrendo un po' tutta la storia dei Pitagorici dall’origine ai giorni nostri, passando per il Rinascimento, la geometria frattale, la life science e tanto altro ancora, per affermare che l’armonia pitagorica era basata su concetti matematici e pertanto ha un valore attuale ed universale[4].

Il libro di Mongiardo-Nisticò, edito da Media&Books, vede la luce nel mese di Luglio 2025.

Gli autori[5] decidono di citare anche il mio nome circa il pensiero matematico pitagorico che attraverso i secoli ha saputo dare nell’arte “espressioni insuperabili di bellezza” .

Inizia la presentazione del libro in giro per l’Italia.

Il 16 Settembre 2025 la presentazione del libro viene fatta a Crotone presso la sede della Nuova Scuola Pitagorica, fondata dal prof Mongiardo assieme ad altri.

Evento di successo. Magnifici i relatori-autori con le loro magistrali presentazioni, incisive le conclusioni dell’editore dottor Santo Strati.

Saluti vari, fine della serata.

Ma il giorno dopo, nel pomeriggio, qualcosa si affaccia alla mia mente, qualcosa non di nuovo per chi è abituato a giocare con i numeri, ma di diverso e oserei dire di magico.

Rifletto sulla data: la presentazione è avvenuta a Crotone il 16 settembre 2025 cioè il 16/9/25 e lì sono balzata dalla poltrona mentre cercavo di riposare (e chissà perché non ci riuscivo…)

Quella data altro non era che la terna pitagorica primitiva 4,3,5: per l’esattezza la terna primitiva[6] elevata al quadrato. Ed una terna pitagorica elevata al quadrato è la rappresentazione algebrica e geometrica del Teorema di Pitagora.

 


Nulla accade per caso: le sinapsi sono tutte collegate in una rete neuronale che collega da sempre il passato al presente ed al futuro in un eterno divenire.

Il prof Nisticò ha mirabilmente parlato di sinapsi dell’essere umano e di neuroscienze nella sua presentazione, ma io direi, prof Nisticò, che lei davvero nella sua presentazione ha svestito i panni del medico e dello scienziato per indossare quelli del profeta, come ha sottolineato il prof Mongiardo.

Quando ho chiesto al prof Mongiardo, senza raccontargli della mia ‘ricostruzione numerica’ chi avesse voluto la data del 16 settembre in quel di Crotone, strabiliata mi sono sentita rispondere: È stato Pino Nisticò!

Allora non ho avuto più dubbi: il prof Nisticò è in questa rete neuronale pitagorica ed io matematica crotonese e pitagorica convinta, ho il cuore gonfio di gioia.  

E consentitemi l’accostamento con il cantante Lucio Dalla: la sua canzone 4/3/1943 fu un grande successo perché parlava d’amore eterno.

Il 16 settembre 2025 non può, allora, che essere un nuovo inizio in quella terna pitagorica carica di armonia, etica, amore e pace formulata da Pitagora per i secoli a venire.

Prof Rosanna Iembo

Matematico a vita degli Stati Uniti d’America

www.rosannaiembo.it

 

22 Settembre 2025

 



[1] Il filosofo prof Mongiardo è lo Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica da lui fondata assieme ad altri a- mici.

[2] Circa l’illustre prof Giuseppe Nisticò molteplici sono i suoi titoli scientifici, culturali; ma straordinaria è anche la sua attività politica e di scrittore.

[3] Il termine ‘pentalogo’ è un’invenzione del prof Mongiardo.

[4] Queste mie riflessioni su La matematica dell’armonia pitagorica sono raccolte nella prima parte del mio libro “Pitagora e Theanò” che sarà pubblicato a breve.

[5] Ringrazio gli autori, proff Mongiardo e Nisticò, per avermi citato nel loro splendido libro.

[6] Il fatto che si tratta proprio della terna primitiva ha qualcosa di veramente affascinante!

sabato 13 settembre 2025

PITAGORA TRA GUERRA E PACE

 PITAGORA TRA GUERRA E PACE

 

            Si parla tanto delle guerre di Ucraina e Gaza, ma non emerge mai il pensiero di Pitagora sulla origine autentica di guerra e pace. Pitagora affermava:

La pace nasce dal rispetto della vita dell’animale. Se non uccidi l’animale,

mai ucciderai l’uomo. Se uccidi l’animale, ucciderai l’uomo.

Tutti riconoscono Pitagora come il maestro del vegetarismo, ma pochi forse sanno che la sua regola alimentare escludeva di mangiare qualunque animale di terra, mare o volatile, perché, secondo lui:

L’animale ha in sé lo spirito di vita come l’uomo, il quale deve rispettare e aiutare l’animale come un fratello minore.

Pitagora diventò vegetariano convinto all’età di diciotto anni, sotto la guida del suo maestro Talete di Mileto, quello del Teorema di Talete, che accolse nella sua scuola quel giovane di Samo che dimostrava doti intellettuali eccezionali.

             Si potrebbe dire che il principio di Pitagora sull’origine della guerra è simile al Terzo Principio della Dinamica, noto come Principio di azione e reazione di Newton, che dice:

A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Per Pitagora la violenza data dall’uomo all’animale si ritorce contro l’uomo stesso, che poi uccide altri uomini nella guerra.

             Vediamo ora se i fatti della storia confermano o smentiscono il pensiero pitagorico. La gente dice comunemente:

Le guerre ci sono sempre state e ci saranno sempre.

Oggi sappiamo che ciò non è vero. Un numero enorme di reperti archeologici, ricerche antropologiche e indagini condotte da scienziati di tutto il mondo, conferma che le ricerche iniziate dall’archeologa Marija Gimbutas (1921-1994) sono corrette. Lei portò le prove che nell’Antica Europa le società vissero in pace almeno per quattromila anni dall’8000 al 3500 a.C., si nutrivano di prodotti agricoli, le donne guidavano le comunità, non c’erano armi o fortificazioni, tutti erano liberi e la competizione era ignorata. Fu l’Età dell’Oro, finora ritenuta un mito creato dai poeti, mentre oggi sappiamo che quell’età è realmente esistita. 

             Quel mondo fu poi sconvolto dalle invasioni degli Indoeuropei, popoli euroasiatici partiti dal sud della Siberia, che sottomisero i popoli pacifici dell’Europa spingendosi fino all’India. Quei popoli si nutrivano essenzialmente di animali che catturavano nelle steppe, o che allevavano come pastori nomadi. Essi erano comandati da un capo guerriero che aveva schiavi e mogli che alla sua morte erano strangolati e sepolti con lui sotto grandi tumuli di terra chiamati kurgan. Essi avevano imparato a domare i cavalli selvaggi delle steppe e forgiato le prime armi in rame, che trovavano sotto forma di pepite lungo i fiumi. I racconti dei centauri, guerrieri metà uomini e metà cavallo e lo stesso cavallo di Troia, ci dicono che solo con cavallo e armi si vinceva la guerra. L’avanzata degli Indoeuropei non fu uguale dappertutto e si impose su gran parte dell’Europa, in Italia nord e centrale arrivando fino al Medio Oriente. La Calabria, però, fu risparmiata da quell’invasione grazie alle foreste impenetrabili della Sila, popolata da orsi e lupi. I discendenti greci degli Indoeuropei, dotati di armi e cavalli, costituirono la classe dominante della Grecia, e arrivarono in Calabria a bordo di navi già nella prima colonizzazione avvenuta intorno al 1700 a. C., dove, tra altre etnie greche si insediarono gli Enotri, produttori di vino.

             Lo storico Erodoto ci descrive con particolari agghiaccianti la facilità con cui gli Sciti, discendenti degli Indoeuropei che abitavano attorno al Mar Nero, si uccidevano anche tra membri del loro stesso gruppo. Scuoiare e impalare vivi, scannare i giovani offerti come vittime sacrificali, svuotare il teschio del nemico ucciso, farne una coppa per bere e altre spaventose atrocità sono contenute nel Libro IV delle Storie di Erodoto, di cui raccomando la lettura solo a chi è di stomaco forte.

 Il difficile cammino dell’umanità ad abbandonare i sacrifici umani praticati nel mondo antico, è testimoniato dal sacrificio di Ifigenia, figlia di Agamennone, il quale la porta all’altare per decapitarla e ottenere dalla Dea Artemide i venti per far navigare la flotta dei Greci contro Troia. Alla fine Ifigenia è sostituita da Artemide con una cerva che viene sacrificata al suo posto. Quel tentato sacrificio ha un parallelo nell’episodio biblico di Abramo che sta per sacrificare suo figlio Isacco, alla fine sostituito con un montone.

Nella Bibbia è riportato anche il primo omicidio, quello di Caino che uccide suo fratello Abele. Caino, agricoltore, offriva a Dio frutti della terra, ma Dio preferiva i sacrifici animali di Abele, pastore. Il primo a uccidere non fu dunque Caino, ma proprio Abele, poi imitato da Caino. Quella storia biblica conferma la dottrina pitagorica tanto che potremmo immaginare Pitagora affermare:

Come volevasi dimostrare: uccidi l’animale e ucciderai l’uomo.

Quell’episodio fu capito a fondo dal pitagorico Giordano Bruno, che affermava che gli animali hanno come noi umani sensazioni ed emozioni e concludeva alla maniera napoletana:

Ben fece Caino a uccidere quel massacrator di animali Abele.

 Quell’affermazione fu l’ultima delle quattordici imputazioni rivolte contro Bruno dalla Santa Inquisizione Romana, poi depennata dalla stessa Inquisizione che non ne aveva nemmeno capito l’importanza. Ma l’Inquisizione non era la sola a non capire, perché la Chiesa intera non capì né seguì il messaggio di Gesù, chiaramente riportato nel vangelo di Giovanni (10, 1-15), dove Gesù parla di sé come del Buon Pastore che non uccide, non vende e non mangia le sue pecore, ma vive in loro compagnia e le conduce al pascolo. Però, un pastore simile non esisteva nella realtà, perché il popolo ebraico viveva di pastorizia, vendendo e uccidendo agnelli, pecore e montoni. La Chiesa ha dimenticato il rispetto della vita degli animali, restringendo il significato evangelico di pecore solo ai seguaci di Gesù. Difatti, Gesù stesso in Giovanni (21, 15-17) paragona i suoi credenti a pecore e agnelli quando dice a Pietro: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore. Gesù, però, non esclude l’animale, che rispetta al pari dell’uomo, e come Buon Pastore lo conduce al pascolo, non l’uccide e non lo mangia.  

             Questa contraddizione si risolve se consideriamo Gesù per quello che egli realmente fu: un superpitagorico, o se si vuole, un pitagorico che ha superato il maestro. Difatti, Pitagora praticava e predicava il vegetarismo, ma non lo imponeva, una moderazione che fu notata e apprezzata dai suoi contemporanei. Gesù, invece, fece un’azione inaudita e unica: da solo scacciò e liberò tutti gli animali destinati al sacrificio nel Tempio, firmando così la sua condanna a morte per opera dei sacerdoti, che non gli perdonarono il suo gesto di aperto disprezzo nei loro confronti.

Inoltre, Pitagora tollerava che ci fossero anche i pitagorizzanti, che mantenevano la proprietà privata, mentre i pitagorici dovevano mettere tutti i loro beni in comune. Gesù abolisce quella distinzione e va oltre, come afferma in Luca (14, 33):

Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

La FAO ha stimato che ogni anno vengono uccisi 56 miliardi di animali, pesci esclusi. Quel mare di sangue sta sommergendo l’umanità con guerre che si annunciano devastanti come mai prima d’ora. L’augurio di Cristo: Pace a voi, sembra destinato a non trovare attuazione.

Riuscirà l’umanità a superare questo aspro crinale della storia?

È quanto noi ci auguriamo e ci adoperiamo affinché l’umanità possa vivere felice e in pace, e non abbiamo alcun timore di gridare quel messaggio in questo mondo desertificato dalla violenza.

 Salvatore Mongiardo, 13 settembre 2025

lunedì 8 settembre 2025

L'ARMISTIZIO DEL 1943

L’armistizio del 1943 

Lo sbarco degli americani in Sicilia aveva cambiato le sorti della guerra. I tedeschi si ritiravano attraversando la Calabria, e ammassavano armi lungo il torrente Callipari, a pochi chilometri da Sant’Andrea, per opporre resistenza agli americani. Il timore di rimanere coinvolti in una battaglia, spinse molti andreolesi a cercare rifugio fuori paese, e la mia famiglia si trasferì a Tralò, nella casetta di campagna di zio Giovanni Ranieri. I giovani andreolesi sotto le armi erano un numero impressionante: più di cinquecento, come risulta dagli archivi comunali, circa il dieci per cento della popolazione. A Tralò c’erano mio padre, zio Giovanni, molte zie e cugini, una ventina di persone, tra le quali mio cugino Angelo Iorfida. Io avevo allora due anni, ma ricordo tutto, come mio padre, che scherzava sulla sua memoria prodigiosa dicendo: Ricordo pure quando si è sposata mia madre!

 La scelta di Tralò non era stata felice. La cima, che si vede a occhio nudo dalla Locride fino alla Presila, è un punto trigonometrico riportato su tutte le mappe militari. Gli aerei americani vi giravano attorno per calcolare la rotta e poi andavano a bombardare i ponti di strada e ferrovia. Il rombo di avvicinamento degli aerei era terrorizzante, mio padre ansimava, io chiedevo un asciugamano per coprire le gambe perché ero convinto che le bombe me le spezzavano, le donne imploravano a gran voce tutti i santi. Come se non bastasse, c’era anche un gran serpente nero, innocuo ma spaventoso, che strisciava nelle vicinanze della casetta: la zia Nunziata aveva appeso filze di aglio per tenerlo lontano. Zio Giovanni aveva un bosco di castagni in montagna, a Farina, e fu deciso di trasferirci lì. Mio padre fece costruire in fretta dai carbonai un gran capanno di frasche ben fitte, con il tetto in terra battuta per resistere alle piogge, e pagò una cifra enorme: diecimila lire!

 Era l’inizio di agosto e ci muovemmo verso Farina, dove il numero di persone aumentò con l’aggiunta di altri parenti. Mia madre, anche se incinta al nono mese, portava una sporta sulla testa, io camminavo tenuto per mano dalla zia Mariuzza. Anna mia sorella, che aveva quattro anni, portava una gallina bianca tenendola per le ali. A Farina, accanto al capanno, c’era una capannina, dove stava il suocero di zio Giovanni, Peppe lo Zasso, anziano e sempre coricato. All’inizio io avevo paura di quel vecchio coperto di un lenzuolo bianco, che però mi prese a benvolere e mi insegnava le filastrocche:

 Na vota era Carota

Chi facìa cozzetta e vota

Sa masurava e non li jìa,

Jestimava a morta chi on venìa.

 Oppure:

Ara ruga do Ferraru

Ci stannu tri infantini:

Mara Rosa, Cuncipita e Catarini.

 

O ancora:

E mo’ chi ti vivisti

Tuttu u vinu da caseddha

Attàccati a sta ciarameddha!

 

Intanto, il 22 agosto del 1943, mia madre cominciò ad avere le doglie del parto, e mio padre mandò mio cugino Angelo a chiamare in paese il medico Pietro Voci. Per convincerlo a quella trasferta, ci volle l’asino di Gerardo Ramogida, ma il medico si rifiutò di salire sul duro basto, e Angelo andò dai Padri Liguorini per farsi prestare la sella da donna. I Padri, quando andavano in missione nei paesi sperduti, usavano quella sella perché la sottana gli impediva di cavalcare come i maschi. Le ore passavano, e quando il medico arrivò, trovò una bella bimba che vagiva, Caterina. Il numero era cresciuto, eravamo trentadue, anzi trentatré contando anche Bianchina, la capra maltese. Al medico Voci piacque quel posto e vi rimase diversi giorni, attirato dalle soppressate e dal vino buono, facendo però preoccupare mio padre per la bocca in più da sfamare. Il medico ricambiò l’ospitalità con un’astuzia. Sull’atto di nascita fece scrivere: Nata in località Farina, dove i genitori si trovavano a villeggiare. Il medico spiegò che era un accorgimento utile se la bimba, da grande, avesse dovuto sposare un forestiero: non era necessario dovergli dire che era nata sotto gli alberi! Non andò così, e Caterina sposò il medico andreolese Andrea Armogida.

Una notte una voce di uomo echeggiò ripetutamente nella vallata: Mastru Vicenzinu! Qualcuno chiamava mio padre, le zie raccomandarono di stare zitti e spensero la lanterna a olio. Poteva essere un traditore che voleva scovare i fuggiaschi per segnalarli ai tedeschi!

Mio padre si fece coraggio e gridò: Chi sei?

L’uomo rispose: Sono il figlio di Mannagajjha! – soprannome di una famiglia andreolese.

Mio padre: Cosa vuoi?

L’uomo: La guerra è finita, l’abbiamo sentito alla radio!

Mio padre: Abbiamo vinto?

L’eco faceva: o-o…

L’uomo: No, armistizio incondizionato!

L’eco: o-o…

Mio padre: E vaffanculo!

L’eco: o-o…

Guerra e pace, vincere e perdere, erano cose degli uomini che l’eco non capiva. Per l’eco, quella notte dell’8 settembre del 1943, tutto finiva con un o-o.

                                                                                                                                                         

                                                                                         Salvatore Mongiardo

                                                                                      

giovedì 28 agosto 2025

IL LEGNO DEL GIOGO

 Quante storie per un giogo!

 

RRecentemente l’amica Mara Corasaniti mi parlava di una parte della montagna di Davoli e di Caulonia denominata Ziia, nome non esistente nella montagna di Sant’Andrea. Chiesi lumi all’amico Prof. Enrico Armogida che mi confermò l’origine di quel nome, derivante dal greco zyghìa, giogo. Difatti, per il giogo veniva usato il legno di acero perché duro, flessibile e leggero. Se volete leggere la dotta spiegazione di Enrico, eccola.

 

AACERO (pianta pregiata, che ha fusto alto e diritto, legno duro, corteccia liscia e foglie opposte e palmate) = àciḍḍu (s. m.), termine di derivazione latina, < acer, àcĕris (acer campestre)

NNB Tuttavia, in qualche zona dell'entroterra (come la montagna di Davoli, in prov. di Catanzaro, ma anche di Caulonia, in prov. di Reggio Calabria) si ritrova un sinonimo apparentemente strano e raro: zijìa ('a) = acero e bosco di acero, di derivazione più antica, chiaramente greca: < gr. zugίa (¹\ dor. ¡) = acero (dal vb. zeúgnumi = unisco due cose, e dal sost. zugon = coppia, paio; giogo; in botanica acero, "perché – dice lo Chantraine s. v. zugίa (in Dizionario etimologico della lingua greca – Parigi, 1968, vol. I°, pg, 398, col. II) il suo legno serviva a fare dei gioghi" per i robusti quadrupedi (bovini o equini) adoperati nell'aratura della terra o nel trasporto di oggetti pesanti. Dell'acero – sec. il Liddel-Scott (s. v. zugίa, in Greek-English Lexicon - Nuova Ediz. con Supplemento – Oxford, 1968, pg. 757, Ia col.) danno nell'antichità notizia: Teofrasto (IV-III sec. a. Cr.) nella sua Storia delle piante, [l. III (specie) e l. V (boschi)]; lo storico Dicearco (IV sec. a. Cr.) nel suo Itinerario intorno al mondo (l. II°, 2) e Plinio il Vecchio (I° d. Cr.) nella sua enciclopedica Storia naturale (l.16, 67).

 

Salvatore Mongiardo

28 agosto 2025

giovedì 14 agosto 2025

LA CHIESA DI CAMPO

 La Chiesa di Campo

Antica chiesetta rurale dedicata alla Madonna Assunta
sita in marina di Sant’Andrea Jonio - CZ
La porta è stata chiusa per un anno:
Ora Concetta l’apre cigolando,
Pulisce il pavimento di mattoni
E stende la tovaglia sull’altare.
Nel quadro appeso alla parete bianca
Maria vola sopra gli apostoli
Verso la luce di un mondo lontano.
Vuoto è il suo letto e coperto di rose.
Arrivano le donne dal paese
Per il viottolo che scende sino al fiume
Portano fiori cresciuti sui balconi.
Si è sciolto il sole in polvere d’oro
Sparsa sulle colline tra gli ulivi.
Una civetta dalla finestrella
Guarda stupita le candele accese.
Voci di Magna Grecia antiche e forti
Cantano: Madre, di noi non scordarti
Tu che vai di stelle a coronarti!
Salvatore Mongiardo
Novembre 1989

venerdì 8 agosto 2025

S. MONGIARDO-SPADOLA-LA VACCARELLA DI PANE

                                     Spadola - La Vaccarella di Pane

Festa di San Nicola - 3 agosto 2025



Nel mondo arcaico dalla Cina all’Europa le donne infornavano delle vaccarelle di pane col primo grano mietuto per darle ai bimbi e agli amici. 

Era un rito osservato dalle madri che volevano ringraziare la vacca con il dono prezioso del grano, perché l’animale aveva dato il suo latte non solo ai suoi figli, i vitelli, ma anche ai figli delle donne. L’onore alla vacca è praticato oggi in India e… a Spadola, un rito miracolosamente sopravvissuto nell’altopiano della Lacina. Esso risale forse all’ottomila a. C., quando si è diffusa l’agricoltura in Calabria. Il popolo dei Lacini abitava dall’altipiano della Lacina fino a Capo Lacinio, vicino a Crotone, e sulle coste dello Jonio. Quel popolo pacifico osservava un’etica diversa da quella guerriera dei Greci, per cui Pitagora lasciò Crotone e andò a vivere con i Lacini a Capo Lacinio, nel villaggio di Laureta appositamente costruito, dove tenne la sua Scuola. 

Pitagora vide quel rito praticato dai Lacini e trasformò la vaccarella in Bue di Pane, che offrì alla divinità quando scoprì il suo famoso teorema. Con quel cambio egli voleva esortare a non uccidere nessun animale, e il bue era l’animale offerto nei sacrifici importanti alle divinità greche. Egli sosteneva che se si uccide un animale, poi si ucciderà l’uomo: la pace nasceva dal rispetto della vita dell’animale. Perciò la Nuova Scuola Pitagorica ha ripreso l’offerta del Bue di Pane nei vari incontri che promuove.

Anche a Monasterace e a Badolato la vaccarella di pane era offerta fino al 1960, e ultimamente ci è giunta notizia che anche a Placanica si offriva a minnaredda ’e pana, una pitta rotonda che nel forno si gonfiava come fosse la tetta di una vacca. Su questa ulteriore scoperta vi terremo informati e si è già attivata la Presidente della Proloco di Spadola Dr. Teresa Rosi, anche in vista di erigere a Spadola un monumento in granito alla vaccarella. 

Salvatore Mongiardo, 8 agosto 2025


giovedì 31 luglio 2025

S. MONGIARDO-IL PROBLEMA IRRISOLTO DEGLI EBREI

IL PROBLEMA IRRISOLTO DEGLI EBREI

 

            Faccio seguito all’invito dell’amico Prof. Vincenzo Villella di scrivere di più sugli Ebrei, dopo l’interesse suscitato da quanto avevo scritto recentemente sul suo magnifico libro Ebrei di Calabria. In quel commento, che riporto integralmente nella prima parte di questo, avevo citato l’episodio che mi aveva portato a scoprire l’origine del cedro calabrese, che alcuni Ebrei raccolgono ancora oggi per la festa di Sukot o delle Capanne, la quale si celebra a fine estate. Era il 2010 e abitavo a Milano, quando lessi del cedro calabrese, di cui prima ignoravo l’esistenza. Per approfondire la materia mi recai alla Sinagoga centrale di Milano in Via della Guastalla. Mi ricevette il rabbino dr. Elia Richetti, poi deceduto, il quale ammise di non saperne nulla: tanto bastò per farmi ritenere la notizia del cedro calabrese un’invenzione giornalistica. Poco tempo dopo, però, il dr. Richetti mi telefonò, dicendomi che il cedro calabrese era una tradizione degli Ebrei Loubavitch, e mi diede il telefono di un rabbino, Michail Elmalèh, il quale mi fissò un appuntamento in un loro centro di Piazza Castello.   

            Da tempo mi ero posto il problema di come l’Italia era vista e conosciuta nel mondo ebraico prima di Cristo. Quel mio interesse era nato dall’aver letto nello storico ebreo Giuseppe Flavio che gli Esseni seguivano la dottrina insegnata ai greci da Pitagora, il quale tenne scuola a Crotone. In seguito, l’affermazione di Benedetto XVI che Gesù seguiva la dottrina essena, opinione ormai condivisa da tutti gli studiosi, ha aumentato la mia curiosità sull’argomento. Il cedro della Calabria è tenuto in grande considerazione dagli Ebrei della corrente Loubavitch, nome di una città russa, dove nel Millesettecento nacque il grande Movimento Chassidico, attualmente seguito da circa un milione di Ebrei, quelli che portano barba, cappello nero e camicia bianca, e hanno il loro centro più importante a Brooklyn, N.Y.

In italiano la parola cedro indica sia il frutto, che dà un frutto più grande e meno aspro del limone, sia l’albero maestoso delle conifere, come il cedro del Libano. Ovviamente qui parlo del cedro frutto.

 Il giovane rabbino Elmalèh mi fornì le notizie sul cedro calabrese che si trovano nel secondo volume del TANYA, opera filosofica del gran rabbino Schneur Zalman di Liadi (1745-1812), e prima ancora nel commento alla Bibbia di Rabbi Shlomo Yitzhaqi (1040-1105), uno dei più famosi commentatori medievali, che visse in Francia intorno al Millecento. Continuò poi la spiegazione così.

             La Genesi narra che Isacco sposò Rebecca ed ebbe due gemelli, Esaù e Giacobbe. Esaù era il primogenito, ma la benedizione paterna fu data al secondo figlio Giacobbe con un inganno ordito dalla loro madre Rebecca. Isacco scoprì l’inganno e, per riparare il torto, fece a Esaù una grande promessa:

Nel grasso della terra sarà il tuo luogo di residenza.

Il grasso della terra fertile che produceva l’olio di oliva era l’Italia della Grecia, come veniva chiamata dagli Ebrei quella che poi fu la Magna Grecia, cioè la Calabria.

                       La tradizione, ripresa dal rabbino chassidico Y.Y. Schneerson (1880-1950), vuole che quando Mosè intorno al 1200 a.C. era nel deserto con il popolo fuggito dall’Egitto, dove era stato tenuto in schiavitù per circa quattro cento anni, ricevette da Dio l’ordine di celebrare la festa delle Capanne o Sukot. Per quella festa era indispensabile il frutto del cedro, che Mosè non poteva trovare nel deserto, e allora mandò dei messaggeri su una nuvola a prenderlo in Calabria, dove almeno negli ultimi 250 anni gli Ebrei Loubavitch l’hanno cercato e cercano ancora a Santa Maria del Cedro e a Marcellina, due comuni sul Tirreno in provincia di Cosenza.     

Nella festa delle Capanne si usano per la benedizione:

  1. il frutto del cedro che ha gusto e profumo
  2. la palma da dattero che ha gusto ma non profumo
  3. il mirto che non ha gusto ma ha profumo
  4. il salice che non ha né gusto né profumo.

 Gli Ebrei definiscono il cedro calabrese haddar, splendido, perché le radici dell’albero vanno in orizzontale e, con il caldo, l’albero poteva morire. Il limone, invece, ha radici che vanno in profondità, per cui era facile la tentazione di innestare il cedro su un limone. Ma allora si perdeva la purezza originaria e il frutto non era più kosher, adatto, come invece si era mantenuto quello calabrese.

             Il Midrash, il commento rabbinico della Bibbia redatto da più autori tra il primo e il quinto secolo dopo Cristo, mette in luce gli insegnamenti giuridici e morali, utilizzando diversi generi letterari come racconti, parabole e leggende. Nel Midrash il frutto proibito dell’Eden non era la mela - la Bibbia in realtà non menziona nessun tipo di frutto - ma proprio il cedro. Quest’unicità del cedro, che simboleggiava il cuore umano, era confermata dal fatto che esso è l’unico albero che ha lo stesso gusto nel legno della pianta e nel frutto. In ebraico, poi, Italià significa rugiada, quindi non solo terra grassa, ma anche irrorata di rugiada: un sogno per gente che vagava nel deserto.

 Il mio interesse aumentò dopo aver letto nei due libri di Villella: Giudecche di Calabria, 2014, ed Ebrei di Calabria, 2024, quanto scrisse nel 1848 l’abate Vincenzo D’Avino. L’abate napoletano scriveva che San Girolamo (347-420), pessimo di carattere ma preciso nella scrittura, afferma che attorno a Capo Bruzzano, sulla costa jonica in provincia di Reggio Calabria, si trovava un notevole insediamento di Ebrei, lì arrivati molto prima dei coloni greci, coloni greci che in seguito avrebbero civilizzato quegli Ebrei. Ho dato la caccia alla lettera di San Girolamo, che ne scrisse ben 143, per leggere il testo originale, ma finora senza successo. Anzi, invito chi sapesse di tutte le lettere del santo, di segnalarmele.

             Tutto ciò mi porta a concludere che la grandissima stima che gli Ebrei avevano della Magna Grecia proveniva dall’etica, quell’etica italica scoperta da Pitagora in Calabria e diffusa in tutto il Mediterraneo, Ebrei inclusi.

 La dottrina di Pitagora affermava:

Se uccidi l’animale, ucciderai l’uomo.

La pace nasce dal rispetto della vita dell’animale.

Secondo Pitagora l’uccisione dell’animale non poteva essere giustificata dal bisogno di cibo o dalle intenzioni umane, anche se gli Ebrei erano pastori che campavano scannando pecore e agnelli: è quella la loro vita. Tuttavia, l’uccisione dell’agnello innocente creava sensi di colpa che gli Ebrei cercarono di superare, attribuendola alla volontà di Dio che prediligeva quel sacrificio cruento. Immaginarono così un Dio padre padrone duro e implacabile. Tutto ciò fu confermato senza equivoci dal superpitagorico Gesù, che parlò di sé stesso come del Buon Pastore, che non mangia e non vende le sue pecore, ma vive in loro compagnia e le conduce al pascolo. Gesù rinnegò quindi la cultura pastorale degli Ebrei ed è un superpitagorico, perché non si limitò alle parabole o all’esortazione di Pitagora a non uccidere gli animali. Egli, difatti, unico in tutta la storia di Israele, cacciò e liberò gli animali destinati al sacrificio nel Tempio di Gerusalemme, anche se si rendeva conto che avrebbe pagato quel gesto inaudito con la vita.

 La dottrina pitagorica era seguita dagli Esseni in Israele e dai Terapeuti: quest’ultimi Ebrei pitagorici vivevano attorno ad Alessandria d’Egitto, che probabilmente Gesù frequentò dalla sua infanzia fino al rientro in Israele. I membri di quelle due comunità erano avverse ai sacrifici di sangue, contestavano il Tempio, erano rigidamente vegetariani e indossavano per la loro cena tuniche di lino bianco all’uso pitagorico.

 Questo mio scritto ricade sotto la mia personale responsabilità: non intendo coinvolgere il Prof Villella e nemmeno la Nuova Scuola Pitagorica, di cui sono lo Scolarca, anche se queste mie riflessioni sono nate dalle mie ricerche sul pitagorismo.

In realtà il problema ebraico mi aveva sconvolto già nel 1966, quando in Germania studiavo diritto internazionale comparato, ma dedicavo del tempo a documentarmi sui crimini nazisti. Poi, la prima visita fatta al lager di Dachau mi aveva impressionato al punto che non dormii per tre notti, anche se quel lager era meno crudele degli altri, se così si può dire. Durante la mia visita in Terra Santa nel 1999, guidata dal Cardinal Martini, svenni quando vidi le lucette nel monumento all’olocausto Yad Vashem che si spegnevano per ricordare il milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nei lager. Io ho avuto e ho ancora ottimi amici Ebrei, e scrivo queste cose per svegliare gli Ebrei dall’incubo sanguinario che li ha accompagnati lungo tutta la loro tragica storia.

           Per comprendere come il problema ebraico sia nato, bisogna leggere la Bibbia, che il mio amico Mimmo Lanciano ha correttamente definito un bollettino di guerra: una guerra spietata, guidata inizialmente da Mosè in persona. Ecco alcuni esempi riportati dalla Bibbia del gran numero di stragi perpetrate dagli Ebrei contro i popoli che volevano sottomettere occupando i loro territori:

 1. Esodo, 17:13 – Il bastone di Dio, retto dalle mani di Mosè sulla vetta del colle, permise a Giosuè di sterminare Amalek e la sua gente passandoli a fil di spada.

2. Esodo, 32:27 – Alla vista del vitello d’oro, Dio comandò ai figli di Levi: Ognuno di voi si metta la spada al fianco; percorrete l’accampamento da una porta all’altra di esso, e uccidete a chi suo fratello, a chi il suo amico, a chi il suo vicino. In quel giorno caddero circa tremila uomini e Dio ne fu compiaciuto.

3. Numeri, 21:3 – Il Signore affidò i Cananei ad Israele, che votò allo sterminio i Cananei e le loro città.

4. Numeri, 21:35 – Con l’approvazione di Dio, gli Israeliti si recarono nella città di Og, ne uccisero il re Basan senza risparmiare i figli, sterminarono l’esercito e assunsero il controllo del territorio.

5. Numeri, 31:17-18 – Dio ordinò a Mosè di uccidere ogni maschio madianita e ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo, ma tutte le fanciulle che non avevano avuto rapporti sessuali con uomini, furono lasciate vivere per loro.

6. Deuteronomio, 2:33-34 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini di Sicon. Non lasciarono nessuno in vita.

7. Deuteronomio, 3:6 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini e Og, re di Basan. Saccheggiarono il bestiame ed i possedimenti.

8. Giosuè, 6:21-27 – Sotto la direzione di Dio, Giosuè distrusse l’intera città di Gerico e con la spada furono uccisi uomini, donne, vecchi e bambini, perfino i buoi e gli asini. Tenne l’argento, l’oro, il bronzo ed il ferro per Dio e, infine, diede fuoco alla città.

9. Giosuè, 10:10-27 – Dio aiutò Giosuè nel massacro dei Gabaoniti.

10. Giosuè, 10:28 – Con l’approvazione di Dio, Giosuè passò la città di Machedda ed il suo re a fil di spada. Li votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano.

11. Giosuè, 10:32-33 – Dio diede la sua approvazione affinché Giosuè uccidesse con la spada ogni uomo, donna e bambino della città di Lachis.

12. Giosuè, 10:36-37 – Dio lasciò che Giosuè uccidesse il re di Ebron ed il suo villaggio con ogni suo abitante. Non lasciò sfuggire nessuno, esattamente come aveva fatto a Eglon, e votò allo sterminio tutte le persone che vi si trovavano.

13. Giudici, 1:4 – Il Signore mise nelle mani di Giuda i Cananei e i Perizziti. Diecimila vittime.

14. Giudici, 15:15 – Sansone uccise mille uomini con una mascella d’asino ancora fresca.

15. Giudici, 16:27-30 – Dio concesse a Sansone la forza per buttare giù le colonne della casa a Gaza ed uccidere tremila Filistei, nome dal quale deriva quello di Palestina.

16. Giudici, 18:27 – Giunti a Lais, un popolo che se ne stava tranquillo e senza timori, gli Ebrei lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.

 Mi fermo per decenza, ma la Bibbia elenca altri popoli sterminati dagli Ebrei che praticarono la pulizia etnica in modo sistematico.

 Torniamo ora al 1966, quando tornai dalla Germania in paese, Sant’Andrea Jonio, e il vecchio prete Don Salvatore Bressi, mi mandò a dire che dovevo assolutamente andare a trovarlo, perché doveva chiedermi una cosa troppo importante. Riporto qui esattamente quanto scrissi al capitolo 20 del mio primo libro Ritorno in Calabria, 1994.

Disse Don Salvatore:

– Ho voluto vederti per chiederti una cosa. Tu ora abiti in Germania e dovresti saperla.

Dentro di me pensavo: sapere cosa? Se i pastori protestanti si sposano? Come celebrano le loro funzioni?

– Volevo sapere se veramente esistono quei posti dove i tedeschi hanno fatto quelle brutte cose agli ebrei…

– I lager nazisti, intervenni io. Sì, certo che esistono, li ho visitati.

Don Salvatore impallidì e con un filo di voce disse:

– Allora non è propaganda! Vergine Santissima! Ma come è stato possibile? Ho letto che erano milioni e milioni di giovani, vecchi, madri, bambini, e sulle pareti delle camere a gas c’erano le unghiate della disperazione... No, non dirmi nulla, non voglio sapere più nulla!

Don Salvatore si tolse gli occhiali, prese dalla tasca un fazzoletto e si asciugò gli occhi. Poi, per riprendersi e darsi un contegno, si soffiò rumorosamente il naso e disse:

– Proprio non capisco! Dicono che gli ebrei sono la razza più intelligente del mondo, eppure si fanno cacciare e ammazzare dappertutto. Dove sta allora la loro intelligenza? Era meglio se avessero dimenticato tutto, anche la Bibbia! Quello che noi chiamiamo libro della salvezza, è stato la loro condanna a morte. Nella Bibbia sta scritto che Dio vuole sacrifici e gli ebrei si sono lasciati sacrificare dai tedeschi credendo che fosse un segno della predilezione divina!

 Venti anni dopo, nel 2014, una domenica passavo da Piazza San Pietro e Papa Francesco, alla finestra per l’Angelus, mostrava una copia della Bibbia, invitando i fedeli a leggerla. Molte copie venivano offerte ai presenti e io ne ebbi una. Sulla copertina c’è l’immagine del papa, che vi aveva scritto:

È importante leggere la Parola di Dio: è Gesù che ci parla lì! E accoglierla con cuore aperto. Allora il buon seme porta frutto!

Quel papa, una gran brava persona, aveva certamente letto la Bibbia, ma non aveva capito la nascita e l’avanzare della violenza nel mondo. Per poter capire questo meccanismo infernale bisogna esaminare la storia con la mente di Pitagora, del superpitagorico Gesù, di don Salvatore e la mia, tutti partecipi di una visione italica e pitagorica dell’etica.

 La storia del lager nazista di Ferramonti, in provincia di Cosenza, conferma questa mia affermazione. In quel lager nazista furono portati circa 1300 ebrei e altri 200 dissidenti, e la gestione fu affidata a carabinieri calabresi. Nessun ebreo fu maltrattato, essi potevano uscire e cercare lavoro nelle campagne, se nascevano bambini da coppie giovani, che chiedevano il battesimo per proteggere la prole, il comandante faceva da padrino e offriva il pranzo a casa sua. Nel campo furono permesse due sinagoghe e, anche dopo il 1943, quando la Calabria fu liberata dai tedeschi, molti vi rimasero volontariamente fino alla fine del conflitto. I carabinieri presero dei grossi rischi con i nazisti, che erano arrivati per una ispezione, e furono allontanati con una pestilenza messa in scena.

La Chiesa cristiana porta il nome di Cristo, ma dovrebbe essere chiamata biblica, perché San Paolo ha cambiato la dottrina di Gesù, basandola sul sacrificio salvifico di Gesù: una questione ben nota tra gli specialisti del Nuovo Testamento. San Paolo non lo ha fatto per malafede, ma perché egli si era formato sulla Bibbia nei quindici anni passati alla scuola di Rabbi Gamaliele a Gerusalemme.

Di conseguenza egli scrisse nella sua Epistola ai Filippesi (2,6-11):

 Cristo per noi si è fatto obbediente sino alla morte, e alla morte in croce. Per questo Dio lo ha innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome.

 La dottrina biblica, che Gesù voleva ribaltare, ha dominato tutte le chiese cristiane, e così la violenza del mondo, da turpe e ripugnante, è diventata sacra e necessaria alla salvezza. Secondo la Bibbia, difatti, il figlio innocente doveva morire per cancellare il peccato di Adamo: era arrivata all’assurdo che un Dio padre lascia morire il figlio innocente per salvare i colpevoli!

 

Quel grave malinteso fu compreso dal grande poeta tedesco Reiner Maria Rilke (1875-1926), il quale scrisse che i cristiani, invece di vedere la croce di Cristo come un segnale di pericolo, hanno piantato le tende e si sono accampati ai suoi piedi.  

Quando Papa Benedetto XVI visitò il lager di Auschwitz, si chiese accorato: Ma Dio dove era? Quel Dio che lascia morire il figlio sulla croce era dove è ancora oggi, nella testa di gran parte degli Israeliani, i quali massacrano i bambini palestinesi che cercano il pane in mezzo a una popolazione destinata a morire di fame: una vicenda che il mondo, incapace di reagire per viltà, pagherà a caro prezzo. Quelle scene agghiaccianti furono descritte molto prima dal profeta Geremia nella Bibbia alla sua Quarta Lamentazione:

 La lingua del lattante si è attaccata

al palato per la sete;

i bambini chiedevano il pane

e non c'era chi lo spezzasse loro.

 Siamo un’umanità destinata allo sterminio, rinchiusa in un’Auschwitz iniziata migliaia di anni fa dagli Ebrei, i quali sterminavano le genti che vivevano nei territori che essi volevano conquistare. Una Auschwitz, poi, subita dagli Ebrei per opera dei nazisti e ora praticata da Israele a Gaza contro i Palestinesi. Con la fame e l’uccisione dei bambini che cercano pane, il governo israeliano ha azzerato l’umana pietà che il mondo provava per l’olocausto di milioni di Ebrei.    

 Le mie parole sono purtroppo confermare dai fatti, e le scrivo per aiutare tutte le vittime e tutti i carnefici, anche loro vittime di una voglia irrefrenabile di sterminio e di morte. Chi ci libererà dalla competizione e dalla violenza che stanno sommergendo il mondo? Avevo pensato a un’Accademia Mondiale Antiviolenza e un Osservatorio Etico, ma oggi mi sembrano strumenti inadeguati per fermare sia gli scontri armati che quelli finanziari. Perciò mi sono convinto che possa liberarci solo una seconda venuta di Cristo, quello storicamente reale, che compì molte azioni in aperta contraddizione con i precetti della Bibbia. Difatti Gesù:

1. Non sempre osservava il sabato.

2. Frequentava lebbrosi, prostitute ed esattori delle imposte, che la Bibbia proibiva.

3. Criticava apertamente i sacerdoti del Tempio, chiamandoli sepolcri imbiancati, ipocriti che mettevano addosso alle persone pesi che essi stessi non sopportavano.

4. Prendeva donne al suo seguito.

5. Celebrava la Pasqua un giorno prima di quella del Tempio, come è scritto nel vangelo di Giovanni, l’unico dei quattro evangelisti presente all’Ultima Cena.

6. Gesù seguiva il rito pasquale degli Esseni e dei Terapeuti, ambedue osservanti dei precetti vegetariani pitagorici. Inoltre, rifiutavano qualunque forma di denaro e contestavano i sacrifici di sangue nel Tempio di Gerusalemme. 

7. Si proclamò ripetutamente figlio di Dio, una bestemmia grave che la Bibbia puniva con la morte.

8. Predicava e praticava la dottrina dell’amore verso tutti, la filìa di Pitagora.

             È una materia che la Chiesa ha paura di ammettere, perché rinnegherebbe tutta la sua teologia, la seconda croce costruita con la dottrina biblica, alla quale Cristo è ancora inchiodato. Essa ha favorito la violenza del mondo, mentre invece Gesù augurava: Pace a voi. Sarebbe sbagliato giudicare queste mie affermazioni come un attacco alle Chiese cristiane. Io tendo invece una mano alle Chiese per tirarle fuori dal grande imbroglio che le ha paralizzate nel fermare la violenza umana.

 Per tutti questi motivi io seguo l’esortazione di Einstein, che diceva:

Se qualcuno crede di aver scoperto qualcosa di nuovo, ha il dovere morale di dirlo. Io penso che questa mia scoperta sia avvenuta perché è nell’ordine delle cose: se questo è vero, le cose possono ancora radicalmente cambiare. Questa speranza è come aria fresca di cui l’umanità ha bisogno per non soffocare disperata.  

 Sono molti gli Ebrei residenti in Israele e altrove che disapprovano il governo israeliano, che in maniera abominevole cerca con le armi e la fame la distruzione della Palestina, come l’antico ebreo Sansone, il quale proprio a Gaza fece crollare la casa dicendo: Muoia Sansone e tutti i Filistei!

 Salvatore Mongiardo

31 luglio 2025

mongiardosalvatore@gmail.com