Ricordo di Giordano Bruno
Caro
Giordano,
oggi 17 febbraio del 2020 ricorre l'anniversario del tuo glorioso
martirio, avvenuto a Roma nell'anno 1600. Credo che tu esista ancora in qualche
dimensione - a parte che nel mio cuore - e desidero perciò farti arrivare le
mie lodi per il tuo formidabile coraggio nell'affrontare il rogo da vivo. Ti
ringrazio anche per la tua napoletana battuta di spirito alla maniera di Totò. Difatti,
prima del rogo, i preti ti esortavano a pentirti perché altrimenti la tua anima
sarebbe bruciata nell'inferno. Allora tu dicesti che l'anima sarebbe salita al
cielo con il fumo dell'arrosto…
Anni fa ho visitato
Montepulciano, dove sorge ancora il Palazzo Bellarmino, e mi sono rifiutato di
visitarlo pensando al cardinale San Roberto Bellarmino, capo della Santa
Inquisizione Romana, che fece condannare te al rogo e Galileo al carcere a
vita.
Quest'anno
l'acqua alta ha rischiato di sommergere Venezia, città che adoro, e mi è venuto
in mente che i veneziani votarono a favore della tua consegna al Papa, ben
sapendo la fine che avresti fatto. Forse, più che terminare i lavori del MOSE,
i veneziani dovrebbero fare un pellegrinaggio di penitenza fino al tuo
monumento in Piazza Farnese a Roma e chiederti perdono…
Da
pitagorico quale mi reputo, mi voglio pure congratulare con te, grandissimo pitagorico,
per aver scritto:
Ben fece Caino a uccidere quel
massacrator di animali Abele!
Tu avevi perfettamente capito il messaggio di Pitagora, che
affermava che l'uccisione dell'uomo nasce dall'uccisione degli animali:
Se non osi uccidere un animale, mai
ucciderai un uomo.
Quella tua frase
costituiva uno dei quattordici capi di accusa contro di te, ma la Santa
Inquisizione nemmeno la capì e la depennò…
Questo prova la distanza della Chiesa da Pitagora e da
Cristo. Egli, difatti, come dice Giovanni nel Vangelo (2, 14-16):
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe
e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò
tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete
e ne rovesciò i banchi.
Evoè.
Salvatore Mongiardo
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